venerdì 16 ottobre 2020

Sozinho

BrèSamba - Sozinha

Sozinha
(Peninha)

Às vezes, no silêncio da noite
Eu fico imaginando nós dois
Eu fico ali sonhando acordada
Juntando o antes, o agora e o depois
Por que você me deixa tão solta?
Por que você não cola em mim?
Tô me sentindo muito sozinha
Não sou nem quero ser sua dona
É que um carinho, às vezes, cai bem
Eu tenho os meus segredos e planos secretos
Só abro pra você, mais ninguém
Por que você me esquece e some?
E se eu me interessar por alguém?
E se ele, de repente, me ganha?
Quando a gente gosta
É claro que a gente cuida
Fala que me ama
Só que é da boca pra fora
Ou você me engana
Ou não está maduro
Onde está você agora?
 
Da sola

A volte, nel silenzio della notte
Immagino noi due
Sto lì, sognando a occhi aperti
Unendo il prima, l’adesso e il dopo.
Perché mi lasci così libera?
Perché non ti attacchi a me?
Mi sto sentendo molto sola
Non sono né voglio essere la tua padrona
E’ che una carezza, a volte, fa bene
Io ho i miei segreti e piani segreti
Li svelo solo a te, a nessun altro
Perché mi dimentichi e sparisci?
E se fossi interessata a qualcuno?
E se lui, all’improvviso, mi conquistasse?
Quando ci vogliamo bene
E’ chiaro che abbiamo cura
Dici che mi ami
Ma è tanto per dire
O mi prendi in giro
O non sei maturo
Dove sei ora?
 
    Il Brasile, col tempo, ha dato di sé al mondo l’immagine di un paese assolato e allegro. Il sole tropicale splende durante il giorno, pertanto, quando si pensa al Brasile, immaginiamo luce, calore, spiaggia, pelli abbronzate, corpi scevri di vergogne, libertà e un permanente sorriso. Il Brasile è una mistura di popoli ed etnie, acqua dolce dei fiumi, acqua salata del mare. E pure aridezza. Il Brasile va orgoglioso delle sue ore di sole. Ma nasconde le sue ore notturne, in cui l’oscurità spegne le stelle nel cielo.
    
    Il complesso rock progressivo dei Pink Floyd ha immortalato l’idea dell’esistenza di un permanente “Dark Side of the Moon”. Eppure la luna, al contrario di quanto molti immaginano, ha luce e oscurità in ogni centimetro della sua superficie. Il Brasile è una luna e vive, da qualche tempo, una lunga notte che va ritardando l'aurora.
    
    Il compositore brasiliano Peninha ha una figlia, Clariana Alves. All’età di 14 anni Clariana aveva un ragazzo col quale litigò. Il padre sentì litigare i due e si preoccupò per la sofferenza della figlia, che piangeva sentendosi sola e lontana dal suo amore. La preoccupazione per la figlia ispirò Peninha, che compose “Sozinha”.

    La canzone di Peninha è notturna, è triste. E’ l’opposto di ciò che il Brasile si era abituato ad essere per il mondo. Non è Bossa Nova, né Carmen Miranda. “Sozinha” è silenzio, una lacrima dolce e salata, di versi che sgorgano malinconia:
 
“A volte, nel silenzio della notte
Immagino noi due
Sto lì, sognando a occhi aperti
Unendo il prima, l’adesso e il dopo.
Perché mi lasci così libera?
Perché non ti attacchi a me?
Mi sto sentendo molto sola”
 
    Questo brano è nato al femminile ed è stato inciso inizialmente dalla cantante Sandra de Sá con il titolo originale di “Sozinha”, poiché descrive la solitudine della piccola Clariana Alves. Nonostante la tristezza associata al tema della solitudine, Sandra de Sá lo interpreta con un ritmo quasi allegro, quasi solare, quasi giorno...di tanta solitudine.

    Dopo Sandra de Sá, a incidere la canzone è la voce rauca, grave e carica del cantante Tim Maia, un’icona del soul e del funk brasiliani. Con Tim Maia il brano si trasforma e passa al maschile. “Sozinha” diventa “Sozinho”. Con la voce possente di Tim Maia la canzone cresce e giunge alle orecchie di Caetano Veloso. Con la voce del baiano Caetano, “Sozinho” si trasforma in un successo immediato e porta l’album “Prenda Minha” a raggiungere un milione di copie vendute.

    Ora il brano è stato inciso dall’italiana Sara Trementini. Con lei, torna al femminile. E il brano, nuovamente in una voce di ragazza, torna ad essere luna. Con Sandra de Sá, Tim Maia, Caetano Veloso e Sara Trementini, “Sozinha”, come la luna, completa un ciclo, con quattro fasi solitarie complementari. E dall’oscurità della notte di un Brasile tropicale la tristezza della ragazza solitaria emana un bagliore segreto, nascosto nella luce e nel candore che colora il suo nome: Clariana Alves, il chiarore d’aurora del sole e della luna.
 
    “Sozinha” è la ragazza. “Sozinho” è il Brasile, immerso in una notte scura che tiene nascosto il soleggiato paese tropicale dietro pandemie e autoritarismi politici che opprimono un popolo nel verso finale della canzone di Peninha: “dove sei ora?”
    
        Testo di Anderson Borges Costa
        Traduzione di Sabina Samba e Sem Confini

lunedì 14 settembre 2020

Aos Nossos Filhos

 

Pedro Mariano e Marcelo Elias - Brescia 14 settembre 2019

 

Aos nossos filhos

(Ivan Lins e Vitor Martins)


Perdoem a cara amarrada
Perdoem a falta de abraço
Perdoem a falta de espaço
Os dias eram assim
Perdoem por tantos perigos
Perdoem a falta de abrigo
Perdoem a falta de amigos
Os dias eram assim
Perdoem a falta de folhas
Perdoem a falta de ar
Perdoem a falta de escolha
Os dias eram assim
E quando passarem a limpo
E quando cortarem os laços
E quando soltarem os cintos
Façam a festa por mim
E quando lavarem a mágoa
E quando lavarem a alma
E quando lavarem a água
Lavem os olhos por mim
Quando brotarem as flores
Quando crescerem as matas
Quando colherem os frutos
Digam o gosto pra mim
Digam o gosto pra mim
 
Ai nostri figli
 
Perdonate il mal umore
Perdonate la mancanza di abbraccio
Perdonate la mancanza di spazio
I giorni erano così
Perdonate per tanti pericoli
Perdonate la mancanza di riparo
Perdonate la mancanza di amici
I giorni erano così
Perdonate la mancanza di foglie
Perdonate la mancanza di aria
Perdonate la mancanza di scelta
I giorni erano così
E quando passeranno in rassegna
E quando spezzeranno i vincoli
E quando allenteranno le cinghie
Festeggiate per me
E quando laveranno il dolore
E quando laveranno l'anima
E quando laveranno l'acqua
Lavate gli occhi per me
Quando sbocceranno i fiori
Quando cresceranno le foreste
Quando raccoglieranno i frutti
Ditemi che sapore ha
Ditemi che sapore ha
  

        Parlare di questa canzone desta in me una somma di sentimenti. Perché si tratta di una delle canzoni che più amo dalla voce di mia madre, per la storia della canzone stessa e per via della sua struttura come costruzione musicale.

        Composta da Ivan Lins e Vítor Martins, una delle coppie maggiormente influenti della storia della Musica Popolare Brasliana, “Aos Nossos Filhos” è la narrazione dei tormenti patiti durante la dittatura militare in Brasile da una persona che si rivolge alla generazione successiva e racconta di come quei giorni fossero pesanti.

        Questa canzone mi ha sempre emozionato, anche quando fu lanciata ed ero molto piccolo. Non avevo ancora la maturità per comprenderne il messaggio, né afferrare le finezze contenute nel testo, ma l’interpretazione di Elís, colma di una dedizione assoluta, riusciva a trasmettermi l’importanza di qualcosa di molto serio che doveva essere detto. Ricordo che ogni volta che Elís la cantava non riusciva a trattenere le lacrime, e che lo stesso accadde a me le prime volte che interpretai questa canzone. Ma io avevo ragioni diverse. Mia madre ci ha lasciati nel 1982, durante il periodo di transizione dalla dittatura alla nuova democrazia, per questo non ebbe l’opportunità di vedere come sarebbero stati i giorni seguenti al periodo al quale la canzone fa riferimento. Spesso mi sono visto come il figlio destinatario di quel messaggio, ed era molto intenso dover interpretare quel ruolo, data la verità in esso contenuta.

        Musicalmente parlando, considero questo brano una composizione di grande qualità. Suona estremamente semplice all’orecchio, ma è molto ben scritta e costruita. A tutto ciò si aggiunga l’arrangiamento di Cesar Camargo Mariano, mio padre, che capta tutta la densità del momento e permea l’intera canzone di contrappunti melodici che fanno venire la pelle d’oca, e sono tanto indispensabili quanto la canzone stessa. Furono composti l’uno per l’altro. Il mio rispetto per quest’opera è tale che mai sono riuscito ad esibirmi senza chiedere ai musicisti di citare tali contrappunti, che si trattasse di una big band o di piano e voce, perché li ritengo parte integrante della composizione.

        Ho cantato questa canzone per la prima volta nel 1995 in occasione di un omaggio a Elís per il suo cinquantenario. E’ stato molto difficile. Da allora mi discosto dall’emozione di figlio ma, performance dopo performance, costruisco l’emozione dell’interprete con i miei mattoni. Non arrivo a dire che sia più facile, tuttavia i sentimenti sono mutati e il figlio ha ceduto il posto all’adulto che, al cantare e pronunciare tali parole, al trattare lo stesso argomento, a distanza di tanti anni percepisce altre “tristezze”. Purtroppo esistono ancora oggi persone convinte che quei giorni non fossero così, questo fatto soltanto ha il potere di riportarmi indietro nel tempo.

        Per fortuna che la musica è eterna.

        
        Testo di Pedro Mariano
        Traduzione di Sabina Samba
 


domenica 13 settembre 2020

João e Maria

BrèSamba - João e Maria


João e Maria
(Chico Buarque de Hollanda e Sivuca)
 
Agora eu era o herói
E o meu cavalo só falava inglês
A noiva do cowboy
Era você, além das outras três
Eu enfrentava os batalhões
Os alemães e seus canhões
Guardava o meu bodoque
E ensaiava um rock
Para as matinês
 
Agora eu era o rei
Era o bedel e era também juiz
E pela minha lei
A gente era obrigada a ser feliz
E você era a princesa
Que eu fiz coroar
E era tão linda de se admirar
Que andava nua pelo meu país
 
Não não fuja não
Finja que agora eu era o seu brinquedo
Eu era o seu pião
O seu bicho preferido
Sim me dê a mão
A gente agora já não tinha medo
No tempo da maldade
Acho que a gente nem tinha nascido
 
Agora era fatal
Que o faz-de-conta terminasse assim
Pra lá deste quintal
Era uma noite que não tem mais fim
Pois você sumiu no mundo
Sem me avisar
E agora eu era um louco a perguntar
O que é que a vida vai fazer de mim
 
 
João e Maria
 
Ora io ero l'eroe
E il mio cavallo parlava solo inglese
La sposa del cowboy
Eri tu, oltre le altre tre
io affrontavo i battaglioni
I tedeschi e i loro cannoni
Mettevo da parte la mia fionda
E mi allenavo con il rock per le matines
 
Ora io ero il re
Ero il bidello ed ero anche il giudice
E secondo la mia legge
Noi eravamo obbligati ad essere felici
E tu eri la principessa
Che ho fatto incoronare
Ed eri così bella da ammirare
Che camminavi nuda per il mio paese
 
No, non scappare
Fai finta che io ero il tuo giocattolo
Ero la tua trottola
Il tuo animale preferito
Sì, dammi la mano
Noi adesso non avevamo più paura
Nel tempo della cattiveria
Penso che non eravamo neanche nati
 
Ora era inevitabile
Che il fantasticare è finito così
Oltre questo cortile
Era una notte che non ha più fine
Perché tu sei scomparsa nel mondo
Senza avvisarmi
Adesso impazzisco chiedendomi
Cosa farà la vita di me?
 
 
    Figlio del grande storico e critico letterario Sérgio Buarque de Holanda, Chico Buarque ha sempre avuto le lettere e la letteratura come compagnia. A 22 anni ha registrato il suo primo album e in esso è inserito il suo primo successo "A banda", musica con la quale ha vinto il Festival MPB nel 1966.
    Dopo il suo ritorno dall'Italia, dove si rifugiò, da esiliato, durante la dittatura militare in Brasile, incontrò molte difficoltà a registrare nuove canzoni: se queste riportavano il nome “Chico” come compositore, venivano censurate. Si dedicò, quindi, alla composizione di colonne sonore per film e musical. Entrò, inoltre,  nel mondo dei bambini traducendo in portoghese lo spettacolo "I Musicanti" dell'italiano Sergio Bardotti e dell'argentino Luis Enriquez Bacalov, che diventò uno dei più grandi successi del teatro brasiliano per bambini con il titolo di “Os saltimbancos”.
    Fu in quel momento che, circondato dal mondo dell’infanzia, il musicista brasiliano Sivuca gli presentò una sua melodia che aveva composto nel 1947. Chico, si rese conto che all'epoca della composizione del brano, lui aveva 3 anni.
La somma di tutte queste coincidenze: la data della canzone composta quando lui era solo un bambino, e il suo attuale coinvolgimento nello spettacolo per bambini, ed inoltre, il fatto che sua figlia Silvia, (nata a Roma durante l'esilio del padre) in quel momento avesse sette anni, tutte queste ragioni insieme, erano sufficienti per dare vita ad un classico della musica brasiliana.
    Nasce così “João e Maria”, una canzone in cui i bambini parlano mentre fantasticano nel mondo dell’immaginazione, dove anche il verbo coniugato in modo errato diventa poetico nelle mani di Chico: in fondo per i bambini,  "agora eu era" (adesso ero), è la frase con cui chi parla per primo diventa ciò che vuole essere.
    Inizialmente registrata da Nara Leão nel 1977 sul disco “Os meus amigos são um barato”, con la partecipazione di Chico e Sivuca, la canzone ebbe molto successo, essendo anche colonna sonora di una fiction.
Qualcuno in questo brano, legge una velata critica al momento politico vissuto dal Brasile di quell’epoca, ma Chico Buarque non vive solo di politica, dopotutto, nella sua musica era una volta una donna, una volta un uomo e perché no, ora anche un bambino. Dove alcuni vedono una critica, io vedo una bellissima canzone di Chico, e Chico se ne intende veramente.
 
    Testo di Cristhiano Lelé (Canal Chiado)
    Traduzione di Barbarella Happi e Josi Solla (Sem Confini)
 

domenica 30 agosto 2020

Maria Maria

 

BrèSamba - Maria Maria

Maria Maria

(Milton Nascimento e Fernado Brandt)


Maria, Maria

É um dom, uma certa magia

Uma força que nos alerta

Uma mulher que merece viver e amar

Como outra qualquer do planeta

 

Maria, Maria

É o som, é a cor, é o suor

É a dose mais forte e lenta

De uma gente que ri quando deve chorar

E não vive, apenas aguenta

 

Mas é preciso ter força

É preciso ter raça

É preciso ter gana sempre

Quem traz no corpo a marca

Maria, Maria

Mistura a dor e a alegria

 

Mas é preciso ter manha

É preciso ter graça

É preciso ter sonho sempre

Quem traz na pele essa marca

Possui a estranha mania

De ter fé na vida

 


Maria Maria


Maria Maria

È un dono, una certa magia

Una forza che ci richiama

Una donna che merita di vivere e amare

Come qualsiasi altra donna del pianeta

 

Maria Maria

È il suono, il colore, il sudore

È la dose più forte e lenta

Di chi ride quando deve piangere

E non vive, resiste appena

 

Ma bisogna esser forti

Bisogna aver ardore

Bisogna aver grinta, sempre

Chi porta sul corpo questo segno

Maria Maria,

Mesce il dolore e la gioia

 

Ma bisogna avere astuzia

Bisogna aver grazia

Bisogna sognare, sempre

Chi porta sulla pelle questo segno

Possiede la strana mania

Di aver fede nella vita





Minas Gerais è uno stato brasiliano. La sua geografia, densa di alture collinari e montuose, svela città nelle quali l’arte barocca conserva tracce significative. Minas è il più grande produttore di caffè in Brasile. L'odore della bevanda riflette la poesia della sua gente. Minas è sempre arte. Da Minas proviene la poesia di Carlos Drummond de Andrade, certamente il più grande poeta brasiliano. Da Minas proviene la prosa di João Guimarães Rosa, il più grande romanziere latinoamericano. Da Minas giunge la musica del Clube da Esquina (letteralmente “Circolo dell’Angolo”), un punto della città di Belo Horizonte, capitale mineira (di Minas Gerais), nel quale giovani talenti si riunivano per comporre musica che somma la poesia all’incanto e che, come l'odore del caffè, porta all’esaltazione.

Milton Nascimento e Fernando Brandt sono frutto del Clube da Esquina. Fu in questo spazio che nacque Maria, Maria. La canzone trae ispirazione dalla vita reale e racconta la storia di Maria che, madre di tre figli, vive accanto ai binari della ferrovia in una baracca che emana povertà e miseria da ogni angolo. Nonostante le avversità, Maria non si abbatte e lotta con tutte le sue forze per dare ai suoi figli la possibilità di studiare e avere successo nella vita. Maria non da tregua allo sconforto.

Questo brano rappresenta molto più di una semplice storia. È il disegno logico di tutte le marie del mondo. Le donne forti, guerriere e in quanto tali eterne, ciascuna nella propria missione. Maria, Maria è un dono, recita uno dei suoi versi. Il dono di chi resta imperturbabile di fronte alle pietre, agli abissi e ai serpenti mortali. Maria, Maria è la dose più forte e lenta, di chi ride quando deve piangere e non vive, resiste appena. Dove ci sarà la madre, Maria, e la sua lotta quotidiana per mantenere vive la speranza e la vittoria, ci sarà Maria, Maria, benedetta sei tu fra le donne.

 

Testo di Sérgio Degrande Júnior

Traduzione di Sabina Samba e Josi Solla (Sem Confini)

 

sabato 29 agosto 2020

Mancada

 

BrèSamba - Mancada

Mancada

(Gilberto Gil)

 

O dinheiro que eu lhe dei
Pro tamborim
Não vá gastar depois jogar a culpa em mim
O dinheiro que eu lhe dei
Não é meu não
É da escola por favor não mete a mão

Você lembra muito bem
No outro carnaval
Você chorou porque não pode desfilar
A fantasia que eu mandei você comprar
Não ficou pronta porque o dinheiro
Que eu lhe dei pra costurar
Você, hum, hum
Eu nem vou dizer
Pra não lhe envergonhar

 

Mancada

 

I soldi che ti ho dato

per il tamburello

non spenderli e poi non dare la colpa a me

I soldi che ti ho dato

non sono miei

sono della scuola, per favore non mettere mano (non prenderli per te)

 

Ti ricordi molto bene

All’altro carnevale

Tu hai pianto perché non ha potuto sfilare

La “fantasia” che ti ho mandato a comprare

Non era pronta perché i soldi

Che io ti avevo dato per cucirla

Tu... um, um

Non lo dirò nemmeno

Per non metterti in imbarazzo

 

“Fantasia” è l’abito indossato dai ballerini durane il carnevale. (ndr)

 

 

Gilberto Gil è Bahiano nato a Salvador nel 1942; suo padre era un medico e la madre una maestra della scuola primaria.

Gil ha sempre detto: “Bahia é stata la regione dei neri dottori”, perché in questa regione, dopo la fine della schiavitù nel secolo XIX, i neri hanno avuto più opportunità di svilupparsi economicamente. Per questo, ha conseguito un ottimo percorso di istruzione, studiando giurisprudenza presso l’Università Federale di Salvador.

All’età di 10 anni, la mamma gli regalò una fisarmonica e, grazie ad essa, comprese di avere passione per la musica, perciò iniziò a studiare nella scuola di musica di Salvador.

Con la fisarmonica, suonava le canzoni di Luiz Gonzada, il re del baião, la sua prima grande ispirazione.

In università, conobbe la musica di Dorival Caymmi, i testi del quale, delicati e poetici, diventarono fonte di grande ispirazione per le sue composizioni future.  Sempre in università Gil conobbe Caetano Veloso che diventò subito un suo grande amico e partner in numerosi brani, e lo è tutt’ora.

Alla fine degli anni ‘60, insieme a Caetano Veloso, Tom Zé, Rogerio Drupat, Mutantes, Gal Costa, Maria Bethania e Torquato Neto, Gilberto Gil ha fondato il movimento “Tropicalismo”, che mescola le musiche di radici brasiliane con la musica straniera dei Beatles, per esempio,  e dei gruppi  rock del Summer 68.

La sua produttività musicale è stata attiva fino ad oggi, essendo egli un compositore da centinaia di pezzi che sono conosciuti in tutto il Brasile, ma anche all’estero. L’originalità è sempre stata presente nelle sue opere. La poesia concreta è esplicita nei suoi testi. L’armonia complessa dei suoi pezzi è letteralmente surreale e unica. Ci sono accordi che Gil ha composto, che si possono trovare solo nelle sue musiche. Il brano “Mancada” ne è un bellissimo esempio.

Gilberto Gil si impegna anche nella politica. Nel 1987 è stato assessore della Cultura della città di Salvador, a Bahia. Sostenitore del Partito Verde, Gil é stato Ministro della Cultura del Brasile dal 2003 al 2008. Come ministro della cultura ha organizzato un concerto storico nella UN General Assembly, in onore delle vittime dell’attentato alla sede della UN di Bagdad. Quel giorno, era il 2003, ha concluso il concerto con il brano “Toda memina baiana” con il segretario generale Kofi Annan che ha suonato le percussioni. 

Il brano “Mancada” è presente, per la prima volta, nell’album “Louvação” di Gilberto Gil del 1967.Nel 1979 è presente nella scaletta di Elis Regina durante le sue rappresentazioni nel Festival di Montreux, in Svizzera. Il brano è stato registrata dal vivo al Montreux Jazz Festival, ed ora si trova nell’album di Elis Regina. Nel 2007 Beth Carvalho registra “Mancada” nel suo album live “Beth Carvalho canta o samba da Bahia”.

Il testo è una bella cronaca sulle abitudini dei poveri sambisti che risparmiano i soldi per tutto l’anno per comprare la “fantasia” e gli strumenti musicali necessari per la sfilata del carnevale. Lui ha dato a lei i soldi per comprare il tamburello, però è preoccupato e attento: i soldi non sono suoi, ma della scuola di samba. Egli ricorda molto bene che l’anno precedente lei non era riuscita a sfilare poiché i soldi che lui la aveva dato per comprare la “fantasia”... sapete cosa ne ha fatto?

Questo blog non lo racconterà per non mettere in imbarazzo la sambista.

 

Testo scritto da Marcelo Solla e Barbarella Happi

 

giovedì 13 agosto 2020

Sampa

 

Sampa - Sara Trementini e Marcelo Solla


Sampa

(Caetano Veloso)

 

Alguma coisa acontece no meu coração
Que só quando cruzo a Ipiranga e a Avenida São João
É que quando eu cheguei por aqui eu nada entendi
Da dura poesia concreta de tuas esquinas
Da deselegância discreta de tuas meninas
Ainda não havia para mim Rita Lee, a tua mais completa tradução
Alguma coisa acontece no meu coração
Que só quando cruzo a Ipiranga e a Avenida São João 


Quando eu te encarei frente a frente não vi o meu rosto
Chamei de mau gosto o que vi de mau gosto, mau gosto
É que Narciso acha feio o que não é espelho
E à mente apavora o que ainda não é mesmo velho
Nada do que não era antes quando não somos mutantes
E foste um difícil começo afasto o que não conheço 

e quem vem de outro sonho feliz de cidade
Aprende de pressa a chamar-te de realidade
Porque és o avesso do avesso, do avesso, do avesso 


Do povo oprimido nas filas nas vilas, favelas
Da força da grana que ergue e destrói coisas belas
Da feia fumaça que sobe apagando as estrelas
Eu vejo surgir teus poetas de campos e espaços
Tuas oficinas de florestas teus deuses da chuva
Panaméricas de Áfricas utópicas túmulo do samba
Mais possível novo quilombo de Zumbi
E os novos baianos passeiam na tua garoa
E novos baianos te podem curtir numa boa

 


Sampa

 

Qualcosa accade nel mio cuore

Che solo quando attraverso il viale Ipiranga e il viale São João ...

È che quando sono arrivato qui non ho capito niente

Della dura poesia concreta dei tuoi angoli

Della discreta ineleganza delle tue ragazze

Non esisteva ancora per me Rita Lee, la tua più completa traduzione

Qualcosa accade nel mio cuore

Che solo quando attraverso il viale Ipiranga e il viale São João

 

Quando ti ho affrontato faccia a faccia non ho visto il mio volto

Ho chiamato di cattivo gusto ciò che ho visto di cattivo gusto, cattivo gusto

È che Narciso crede brutto ciò che non è specchio

La mente è spaventata da ciò non è ancora propriamente vecchio.

 Niente di ciò che non era prima che fossimo mutanti

E fosti un difficile inizio, respingo ciò che non conosco

e chi viene da un altro sogno felice di città 

Impara in fretta a definirti realtà

Perché sei il rovescio del rovescio, del rovescio, del rovescio

 

Dalla gente oppressa nelle file, nelle case operaie, nelle favelas

Dalla forza del denaro che erge e distrugge cose belle

Dal fumo torbido che sale spegnendo le stelle

Vedo emergere i tuoi poeti di campi e spazi

Le tue officine di foreste i tuoi dei della pioggia

Panaméricas de Áfricas utópicas túmulo do samba

Mais possível novo quilombo de Zumbi *

E i nuovi bahiani passeggiano sotto la tua pioggerella

E nuovi bahiani possono godere di te

 

* ci asteniamo dal tradurre questo verso per rispetto della poesia e della bellezza della lingua portoghese. I “Quilombo” erano piccoli villaggi, rifugio di schiavi fuggiti nella foresta; il più noto è il quilombo capitanato da Zumbí, ex schiavo nero (ndr). 

 

 

 

Era il gennaio del 1978. L’ emittente televisiva Bandeirantes, situata in San Paolo, stava registrando un programma dedicato al cantautore Caetano Veloso. Con l’occasione venne chiesto a Veloso di commentare il 424° anniversario della fondazione della città, che ricorreva il 25 gennaio dello stesso anno. Baiano di nascita, Caetano viveva a Rio de Janeiro ma negli anni ’60 aveva abitato a San Paolo. 

Caetano si mise subito a lavorare alla redazione di una dichiarazione che finì per prendere la forma di una canzone. Le immagini e i riferimenti presenti in Sampa sono molteplici e variopinte come la città alla quale si rende omaggio.

Il titolo è un’abbreviazione del nome della città in Sampache è molto simile alla parola “samba”. In risposta alla pessima accoglienza che Vinicius de Moraes ricevette dal pubblico di un club di San Paolo durante un suo concerto di bossa nova, il poeta definì la città come túmulo do samba, “tomba del samba”. L’espressione non rende giustizia ai numerosi sambisti di rilievo provenienti da San Paolo, come Adoniran Barbosa, cultore del più tipico samba paulistano, o il suo fervido seguace, lo scienziato Paulo Vanzolini autore del tragico samba-canção Ronda. Il finale della melodia di questo brano (“cena di sangue in un bar di Avenida São João”) è riprodotto fedelmente dalla chitarra nell’introduzione di Sampa.

Caetano aveva abitato all’incrocio tra la Avenida São Luiz e la Avenida Ipiranga. Nella prima strofa (“alguma coisa acontece no meu coração que só quando cruza a Ipiranga e a Avenida São João”) “Qualcosa accade nel mio cuore / Che solo quando attraverso il viale Ipiranga e il viale São João …” Veloso menziona la Avenida São João da Ronda di Vanzolini e la Avenida Ipiranga, così da creare un legame tra la città a lui straniera e la propria relazione poetica con lo spazio vissuto. Da questo nodo si dipana una sequenza di riferimenti e immagini poetiche.

Il giovane Veloso rivela il suo iniziale straniamento (”foste um difícil começo”). Bahia e Rio de Janeiro con le loro bellezze naturali ed esuberanti sono i suoi punti di riferimento, città completamente diverse da San Paolo (“é que narciso acha feio o que não é espelho”). Il testo non manca di evidenziare le profonde diseguaglianze sociali (“povo oprimido nas filas, nas vilas, favelas”), l’inquinamento(“da feia fumaça que sobe apagando as estrelas”), la speculazione edilizia (“da força da grana que ergue e destrói coisas belas”), problematiche caratterizzanti la metropoli paulista, eppure proprio a San Paolo Caetano Veloso si diresse negli effervescenti anni ’60 per dare il suo contributo alla storia della musica brasiliana e delle arti di quel periodo.

Nel 1967 Caetano è tra i protagonisti del Tropicalismo, movimento convogliante tendenze e influenze nazionali e internazionali – per lo più in ambito musicale, ma in generale in campo artistico – in un calderone di cultura, influenzato soprattutto dal poeta paulistano Oswald de Andrade e dalla sua Antropofagia Cultural. Oltre al Modernismo brasiliano, a San Paolo Caetano conobbe e riconobbe in Sampa vari nomi di una Letteratura pulsante. La “poesia concreta” dei fratelli Haroldo e Augusto Campos, che insieme a Décio Pignatari costituivano il trio del concretismo (“teus poetas de campos e espaços”); il poeta José Agripino de Paula, autore del libro PanAmérica (“panaméricas de áfricas utópicas”); Jorge Mautner, autore del libro Deus da chuva e da morte (“teus deuses da chuva”).

Sampa menziona inoltre giovani che sorsero contemporaneamente a Caetano, come il gruppo paulistano Os Mutantes (“nada do que não era antes quando não somos mutantes”). La più completa traduzione della città è la cantate Rita Lee, astro dei Mutantes, che ebbe poi una carriera di successo da solista. Nel finale la canzone saluta un altro gruppo di giovani amatissimi negli anni ’70, Os Novos Baianos, che poterono percorrere il cammino già aperto da Caetano (“e os novos baianos passeiam na tua garoa e novos baianos te podem curtir numa boa”).

 

 

Testo di Wellington Wella

Traduzione di Sabina Samba