lunedì 14 settembre 2020

Aos Nossos Filhos

 

Pedro Mariano e Marcelo Elias - Brescia 14 settembre 2019

 

Aos nossos filhos

(Ivan Lins e Vitor Martins)


Perdoem a cara amarrada
Perdoem a falta de abraço
Perdoem a falta de espaço
Os dias eram assim
Perdoem por tantos perigos
Perdoem a falta de abrigo
Perdoem a falta de amigos
Os dias eram assim
Perdoem a falta de folhas
Perdoem a falta de ar
Perdoem a falta de escolha
Os dias eram assim
E quando passarem a limpo
E quando cortarem os laços
E quando soltarem os cintos
Façam a festa por mim
E quando lavarem a mágoa
E quando lavarem a alma
E quando lavarem a água
Lavem os olhos por mim
Quando brotarem as flores
Quando crescerem as matas
Quando colherem os frutos
Digam o gosto pra mim
Digam o gosto pra mim
 
Ai nostri figli
 
Perdonate il mal umore
Perdonate la mancanza di abbraccio
Perdonate la mancanza di spazio
I giorni erano così
Perdonate per tanti pericoli
Perdonate la mancanza di riparo
Perdonate la mancanza di amici
I giorni erano così
Perdonate la mancanza di foglie
Perdonate la mancanza di aria
Perdonate la mancanza di scelta
I giorni erano così
E quando passeranno in rassegna
E quando spezzeranno i vincoli
E quando allenteranno le cinghie
Festeggiate per me
E quando laveranno il dolore
E quando laveranno l'anima
E quando laveranno l'acqua
Lavate gli occhi per me
Quando sbocceranno i fiori
Quando cresceranno le foreste
Quando raccoglieranno i frutti
Ditemi che sapore ha
Ditemi che sapore ha
  

        Parlare di questa canzone desta in me una somma di sentimenti. Perché si tratta di una delle canzoni che più amo dalla voce di mia madre, per la storia della canzone stessa e per via della sua struttura come costruzione musicale.

        Composta da Ivan Lins e Vítor Martins, una delle coppie maggiormente influenti della storia della Musica Popolare Brasliana, “Aos Nossos Filhos” è la narrazione dei tormenti patiti durante la dittatura militare in Brasile da una persona che si rivolge alla generazione successiva e racconta di come quei giorni fossero pesanti.

        Questa canzone mi ha sempre emozionato, anche quando fu lanciata ed ero molto piccolo. Non avevo ancora la maturità per comprenderne il messaggio, né afferrare le finezze contenute nel testo, ma l’interpretazione di Elís, colma di una dedizione assoluta, riusciva a trasmettermi l’importanza di qualcosa di molto serio che doveva essere detto. Ricordo che ogni volta che Elís la cantava non riusciva a trattenere le lacrime, e che lo stesso accadde a me le prime volte che interpretai questa canzone. Ma io avevo ragioni diverse. Mia madre ci ha lasciati nel 1982, durante il periodo di transizione dalla dittatura alla nuova democrazia, per questo non ebbe l’opportunità di vedere come sarebbero stati i giorni seguenti al periodo al quale la canzone fa riferimento. Spesso mi sono visto come il figlio destinatario di quel messaggio, ed era molto intenso dover interpretare quel ruolo, data la verità in esso contenuta.

        Musicalmente parlando, considero questo brano una composizione di grande qualità. Suona estremamente semplice all’orecchio, ma è molto ben scritta e costruita. A tutto ciò si aggiunga l’arrangiamento di Cesar Camargo Mariano, mio padre, che capta tutta la densità del momento e permea l’intera canzone di contrappunti melodici che fanno venire la pelle d’oca, e sono tanto indispensabili quanto la canzone stessa. Furono composti l’uno per l’altro. Il mio rispetto per quest’opera è tale che mai sono riuscito ad esibirmi senza chiedere ai musicisti di citare tali contrappunti, che si trattasse di una big band o di piano e voce, perché li ritengo parte integrante della composizione.

        Ho cantato questa canzone per la prima volta nel 1995 in occasione di un omaggio a Elís per il suo cinquantenario. E’ stato molto difficile. Da allora mi discosto dall’emozione di figlio ma, performance dopo performance, costruisco l’emozione dell’interprete con i miei mattoni. Non arrivo a dire che sia più facile, tuttavia i sentimenti sono mutati e il figlio ha ceduto il posto all’adulto che, al cantare e pronunciare tali parole, al trattare lo stesso argomento, a distanza di tanti anni percepisce altre “tristezze”. Purtroppo esistono ancora oggi persone convinte che quei giorni non fossero così, questo fatto soltanto ha il potere di riportarmi indietro nel tempo.

        Per fortuna che la musica è eterna.

        
        Testo di Pedro Mariano
        Traduzione di Sabina Samba
 


domenica 13 settembre 2020

João e Maria

BrèSamba - João e Maria


João e Maria
(Chico Buarque de Hollanda e Sivuca)
 
Agora eu era o herói
E o meu cavalo só falava inglês
A noiva do cowboy
Era você, além das outras três
Eu enfrentava os batalhões
Os alemães e seus canhões
Guardava o meu bodoque
E ensaiava um rock
Para as matinês
 
Agora eu era o rei
Era o bedel e era também juiz
E pela minha lei
A gente era obrigada a ser feliz
E você era a princesa
Que eu fiz coroar
E era tão linda de se admirar
Que andava nua pelo meu país
 
Não não fuja não
Finja que agora eu era o seu brinquedo
Eu era o seu pião
O seu bicho preferido
Sim me dê a mão
A gente agora já não tinha medo
No tempo da maldade
Acho que a gente nem tinha nascido
 
Agora era fatal
Que o faz-de-conta terminasse assim
Pra lá deste quintal
Era uma noite que não tem mais fim
Pois você sumiu no mundo
Sem me avisar
E agora eu era um louco a perguntar
O que é que a vida vai fazer de mim
 
 
João e Maria
 
Ora io ero l'eroe
E il mio cavallo parlava solo inglese
La sposa del cowboy
Eri tu, oltre le altre tre
io affrontavo i battaglioni
I tedeschi e i loro cannoni
Mettevo da parte la mia fionda
E mi allenavo con il rock per le matines
 
Ora io ero il re
Ero il bidello ed ero anche il giudice
E secondo la mia legge
Noi eravamo obbligati ad essere felici
E tu eri la principessa
Che ho fatto incoronare
Ed eri così bella da ammirare
Che camminavi nuda per il mio paese
 
No, non scappare
Fai finta che io ero il tuo giocattolo
Ero la tua trottola
Il tuo animale preferito
Sì, dammi la mano
Noi adesso non avevamo più paura
Nel tempo della cattiveria
Penso che non eravamo neanche nati
 
Ora era inevitabile
Che il fantasticare è finito così
Oltre questo cortile
Era una notte che non ha più fine
Perché tu sei scomparsa nel mondo
Senza avvisarmi
Adesso impazzisco chiedendomi
Cosa farà la vita di me?
 
 
    Figlio del grande storico e critico letterario Sérgio Buarque de Holanda, Chico Buarque ha sempre avuto le lettere e la letteratura come compagnia. A 22 anni ha registrato il suo primo album e in esso è inserito il suo primo successo "A banda", musica con la quale ha vinto il Festival MPB nel 1966.
    Dopo il suo ritorno dall'Italia, dove si rifugiò, da esiliato, durante la dittatura militare in Brasile, incontrò molte difficoltà a registrare nuove canzoni: se queste riportavano il nome “Chico” come compositore, venivano censurate. Si dedicò, quindi, alla composizione di colonne sonore per film e musical. Entrò, inoltre,  nel mondo dei bambini traducendo in portoghese lo spettacolo "I Musicanti" dell'italiano Sergio Bardotti e dell'argentino Luis Enriquez Bacalov, che diventò uno dei più grandi successi del teatro brasiliano per bambini con il titolo di “Os saltimbancos”.
    Fu in quel momento che, circondato dal mondo dell’infanzia, il musicista brasiliano Sivuca gli presentò una sua melodia che aveva composto nel 1947. Chico, si rese conto che all'epoca della composizione del brano, lui aveva 3 anni.
La somma di tutte queste coincidenze: la data della canzone composta quando lui era solo un bambino, e il suo attuale coinvolgimento nello spettacolo per bambini, ed inoltre, il fatto che sua figlia Silvia, (nata a Roma durante l'esilio del padre) in quel momento avesse sette anni, tutte queste ragioni insieme, erano sufficienti per dare vita ad un classico della musica brasiliana.
    Nasce così “João e Maria”, una canzone in cui i bambini parlano mentre fantasticano nel mondo dell’immaginazione, dove anche il verbo coniugato in modo errato diventa poetico nelle mani di Chico: in fondo per i bambini,  "agora eu era" (adesso ero), è la frase con cui chi parla per primo diventa ciò che vuole essere.
    Inizialmente registrata da Nara Leão nel 1977 sul disco “Os meus amigos são um barato”, con la partecipazione di Chico e Sivuca, la canzone ebbe molto successo, essendo anche colonna sonora di una fiction.
Qualcuno in questo brano, legge una velata critica al momento politico vissuto dal Brasile di quell’epoca, ma Chico Buarque non vive solo di politica, dopotutto, nella sua musica era una volta una donna, una volta un uomo e perché no, ora anche un bambino. Dove alcuni vedono una critica, io vedo una bellissima canzone di Chico, e Chico se ne intende veramente.
 
    Testo di Cristhiano Lelé (Canal Chiado)
    Traduzione di Barbarella Happi e Josi Solla (Sem Confini)