lunedì 3 giugno 2024

Roda Viva

 Roda Viva



Negli anni successivi al golpe militare che nel 1964 causò l’inizio di una dittatura militare, vi fu una grande instabilità all’interno della politica brasiliana. L’entrata in vigore dell’Atto Istituzionale numero cinque (AI5), nel 1968, fu un momento decisivo per la storia politica del paese. L’AI5 fu infatti un decreto emesso dal regime militare brasiliano con l’obiettivo di consegnare alla polizia un potere maggiore e legittimare l’arresto e la tortura di civili per combattere quello che era considerato il più grande nemico: il comunismo.

È in questo contesto che va in scena lo spettacolo Roda Viva scritto da Chico Buarque de Hollanda e diretto da José Celso Martinez Correa, prima a Rio de Janeiro e poi, con esito non molto felice, a San Paolo e Porto Alegre.

La trama dello spettacolo racconta il tentativo di un famoso cantante di cambiare il proprio nome per soddisfare il gusto popolare. Benedito Silva vorrebbe infatti diventare il cantante di musica pop Ben Silver e, dopo il successo, Benedito Lampião, un cantante di Baião. Chi diventa un’icona della cultura non sarà però Benedito ma sua moglie Juliana, detta Juju.

Lo spettacolo critica il dietro le quinte dei media e della TV appena nati nel Brasile degli anni 60. Nonostante non sia uno spettacolo pensato per essere politico, le metafore di Chico Buarque sulla manipolazione dell’industria discografica e della stampa sugli artisti possono ricordare la manipolazione dello stato dittatore nei confronti del popolo. Le allegorie sono sempre presenti nelle opere di Chico Buarque e il regista era il geniale José Celso!

Lo spettacolo fu scritto da Chico Buarque a fine 1967 e la prima andò in scena nell’estate dell’anno successivo nel Teatro dell’Università Cattolica (TUCA) di Rio de Janeiro. Gli attori furono Heleno Prestes, Antônio Pedro e Marieta Severo, con la quale Chico Buarque era sposato e dal quale ebbe tre figli. Quando lo spettacolo replicò a San Paolo, il personaggio di Juju, interpretato prima da Marieta Severo, passò a Marilia Pera. La donna, nella fatidica notte di luglio del 68, fu picchiata dal CCC (Comanda della Caccia ai Comunisti – organizzazione paramilitare di destra). João Marques Monterio Flaquer, avvocato e leader del CCC, insieme ad altri venti uomini armati, quella notte invase il Teatro Ruth Escobar, attaccando gli artisti e distruggendo le scenografie. Fatti simili accadranno anche verso la fine dello stesso anno a Porto Alegre, in quella che sarà l’ultima replica dello spettacolo per lungo tempo.


“L’AI5 è un Atto Istituzionale proclamato contro lo slancio culturale che ci fu in Brasile a fine anni 60. Nel nostro paese abbiamo avuto due golpe di stato, nel 64 e nel 68. Il primo raggiunse lo stato politico ed economico, mentre il secondo attaccò l’area culturale, come reazione al grande movimento di nuove idee che la classe artistica brasiliana stava producendo”, racconta José Celso Martinez Correa a Bruna Lombardi durante un’intervista. “Anch’io ho partecipato alla nascita di un evento innovativo, con un gruppo di giovani i quali hanno dato vita ad un rito tribale chiamato Roda Viva, una cosa estremamente forte e ancora poco conosciuta. Siamo stati presi d’assalto, come poche volte si era visto all’interno del contesto culturale internazionale: si trattava di un rito orgiastico a teatro. Avevo trent’anni quando ho visto ragazzi dieci anni più giovani invadere il palco e la platea di un teatro, trasformando lo spettacolo in un rituale dionisiaco ispirato al Teatro Greco. Nacque così la Roda Viva come orgasmo collettivo. Questi ragazzi hanno “mangiato” a me e a Chico Buarque, corpo e testa. Le prove erano pazzesche, una grande festa al quale presero parte in un paio di occasioni anche Mick Jagger e Miriam Makeba.”

Il Teatro di José Celso attacca la morale della società borghese. In questo contesto l’amore offende, il sesso offende, e per questo José Celso viene arrestato e torturato.

Nonostante l’esilio in Portogallo rese ancora più pesante il periodo della dittatura, egli riuscì a mantenere vivo il suo sogno di un Teatro Officina, teatro che rinascerà con molta forza negli anni successivi e diventerà un tempio sacro del teatro paulistano. Nel 1994 venne infatti inaugurato il progetto architettonico di Lina Bo Bardi, una struttura caratterizzata da un palco di un metro e mezzo di larghezza per cinquanta metri di lunghezza e da alcune gallerie metalliche laterali disposte su diversi piani, create per ospitare i 350 posti dedicati al pubblico. Lo spazio prenderà il nome di Teatro Oficina Uzyna Uzona e diventerà il punto di riferimento di questa innovativa tipologia di teatro per poi essere eletto dalla rivista inglese The Guardian nel 2015 il miglior teatro al mondo nella categoria del design architettonico.



Nel 2018, per festeggiare i sessant’anni del Teatro Oficina e i cinquant’anni della prima replica di Roda Viva, José Celso torna a rappresentarlo proprio in questo spazio. Sarà un successo gigantesco, si festeggerà non solo l’opera di Josè Celso Martinez Correa, diventato uno dei grandi nomi del teatro brasiliano, ma anche la sua intera vita. Tra gli attori, in questa replica si vedrà la presenza di Marcelo Drummond, marito di José Celso che, alla sua morte nel 2023, avrà il compito di portare avanti la sua eredità: la magia del Teatro Oficina.  

Anche la canzone Roda Viva, parallelamente allo spettacolo teatrale, oltre ad aver segnato il panorama musicale brasiliano, ha raggiunto diversi paesi di tutto il mondo. La rappresentazione più famosa è stata quella del 21 ottobre 1967, nella terza edizione del Festival da Record di San Paolo, un Sanremo brasiliano con una maggiore partecipazione da parte del pubblico attraverso la famosa “vaia” (chiasso, schiamazzo della platea). Viva a Vaia diceva il poeta Décio Pignatari. L’interpretazione vedrà Chico Buarque affiancato dal gruppo vocale MPB4 e si guadagnerà il terzo posto nella classifica finale del Festival. 

Ma come, una canzone come Roda Viva che arriva soltanto al terzo posto? Basta ascoltare le altre canzoni vincitrici per capirne la ragione. Il primo posto è stato infatti assegnato alla canzone Ponteio di Edu Lobo e Capinam mentre il secondo a Domingo No Parque di Gilberto Gil e Os Mutantes. Il quarto posto sarà invece di Caetano Veloso con Alegria, Alegria e il quinto di Roberto Carlos, il quale vincerà il Festival di Sanremo nell’anno successivo (1968). Ciò dimostra l’altissimo livello artistico dell’evento e, in generale, della musica brasiliana del tempo. Secondo José Celso, sarà proprio questa musica e questa arte a convincere lo Stato a creare l’AI5 con l’obiettivo di arginare la libertà che gli artisti nel Brasile degli anni 60 possedevano.


Nel 1970, mentre abitava in Italia, Chico Buarque registrò l’album “Per un Pugno di Samba”, con alcune delle sue canzoni più famose tradotte in italiano. Mentre l’arrangiamento delle musiche in Brasile era firmato dal geniale Rogério Duprat, in Italia vide la mano di un altro grandissimo compositore: Ennio Morricone. Roda Viva diventa quindi Rotativa e sarà la canzone d’apertura dell’album, nonché la più famosa del lato A. Il testo in italiano cambierà alcune metafore ma la semantica rimarrà la stessa: l’idea che, in un’ora, un minuto, un istante, la Rotativa arriva e distrugge il sogno, l’arte, la vita.

Ma cos’è la Roda Viva, la Rotativa? Il testo non risponderà mai a questa domanda ma, al contrario, cercherà di rendere la questione ancora più misteriosa e stimolare la curiosità dell’ascoltatore. Ognuno di noi, secondo il cantautore, deve trovare la propria Rotativa.

Nella struttura del testo ci sono quattro strofe. In ognuna delle prime tre, viene citato un argomento che nel finale la “Roda Viva” porta via. In portoghese questi argomenti sono: o samba, a viola e a roseira; in italiano: la rosa, la riva e la rabbia. Nella quarta strofa queste tre cose diventano solo ricordo, memoria, saudade. Ma alla fine la “Roda Viva” porta via anche la saudade.

In portoghese, “Roda Viva” letto al contrario è: “A viva dor” (che significa “Il dolore vivo”) mentre in italiano sarebbe “Avitator”, ma è ancora più forte un altro attrezzo: Il “Rullo Compressore”, oppure, come suggerisce l’attore e poeta Marco Cantori, “Rullo Con-Oppressore”.



Testo scritto da Elisa Bonzi e Marcelo Sola




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