sabato 12 dicembre 2020

Tristeza

 

Tristeza

(Haroldo Lobo e Niltinho)

 

Tristeza
Por favor vai embora
Minha alma que chora
Está vendo o meu fim
Fez do meu coração a sua moradia
Já é demais o meu penar
Quero voltar aquela vida de alegria
Quero de novo cantar
Lá, rá, lá, rá
Lá, rá, lá, rá, lá, rá, rá
Lá, rá, lá, rá, lá, rá, rá
Quero de novo cantar

 

Il brano “Tristeza” è l’ultima composizione eseguita da Haraldo Lobo  nel 1965. Morì infatti, il 20 luglio del 1965, a 55 anni, prima che il pezzo fosse ancora registrato. Il brano fu composto con Niltinho ed è talmente famoso e importante che Niltinho verrà ricordato per tutto il resto della sua vita come “Niltinho Tristeza”. La prima pubblicazione del brano fu registrata verso la fine del 1965 per Ari Cordovil e avrà un grande successo nell’imminente carnevale del 1966. Haroldo Lobo fu uno dei più grandi compositori di samba per il Carnevale e le sue musiche: “Tristeza”, “Indio quer apito” e “Ala-la-ô” sono suonate tutti gli anni nei Carnevali ed è praticamente impossibile conoscere un brasiliano che non sappia cantare uno di questi brani.

Jair Rodrigues, importante cantore della storia della musica brasiliana, ha registrato il brano nel 1966, l’anno più importante della sua carriera, quando vinse il Festival Record della Canzone Brasiliana con la musica “Disparada” di Geraldo Vandré, pareggiando il primo posto con “A Banda” de Chico Buarque. 

In Italia, nel 1967 Ornela Vanoni registrò il singolo “Tristezza (per favore vai via)” con il testo italiano scritto da Alberto Testa. La traduzione italiana di questo singolo è molto conosciuta in Italia, e quando uscì il 45 giri, riportava nel lato B il brano “Il mio posto qual è”. Ornella Vanoni torna a cantare il brano nel 2010 nel album registrato dal vivo in Brasile "Live al Blue Note" dove lei canta molti altri classici brasiliani. Il pezzo è stato cantato anche da Mina nel 1993 nell’album “Signori... Mina! (vol.2)”. Andrea Bocelli cantò “Tristeza live in Puertofino” nel 2012, ma preferì cantarla nella versione originale portoghese.


Tristezza

(Alberto Testa)

 

Tristezza
per favore va via
tanto tu in casa mia
no, non entrerai mai
c'è tanta gente che ha bisogno di soffrire
e ogni giorno piange un po’
invece io voglio vivere e cantare
e devo dirti di no. . .

 

Tristezza
per favore va via
non aver la mania
di abitare con me
ormai dipingerò di rosso la mia stanza
appena parti lo farò
al posto tuo ho già invitato la speranza
e finalmente vivrò.

 

La versione in inglese “Tristeza, Googbye Sadness” fu scritta da Norman Gimbel, lo stesso autore che tradusse diverse canzoni di Tom Jobim in inglese. La versione inglese di “Tristeza” fu registrata dalla cantante brasiliana Astrud Gilberto. Astrud, figlia di madre bahiana e di padre tedesco, professore di lingua e letteratura, parla e canta in diverse lingue ed è una grande divulgatrice della musica brasiliana negli Stati Uniti dove risiede dal 1963. Astrid Gilberto è stata moglie di João Gilberto dal 1959 al 1964 ed è conosciuta principalmente per aver cantato la prima versione inglese di “Girl of Ipanema” con Stan Getz e con lo stesso João Gilberto. 

Tristeza - Goodbye Sadness

(Norman Gimbel)

 

Tristeza

The big sadnessthe heart feels

Let it leavemine forever

Let my lips sing again

From this day on my days are days of sun and roses

My life's a carnivalof song

From this day on my dear the door to sorrow closes

This day when you came along

 

Esistono anche diverse versioni spagnole di “Tristeza”, per esempio il cantante cubano Sergio Gonzalez ne registrò una nel 2011. Il blog “Storie e Leggende del Samba” presenta l’originalissima versione di Nicolas Mato, argentino di origine Guaranì,  che è diventato bresciano di adozione per amore di una dottoressa italiana conosciuta in Francia.

Tristeza

(Nicolas Mato)

 

Tristeza, por favor vete ahora

Mi alma que llora

Esta viendo mi final

Hizo de mi corazon su morada

Ya es demasiado mi penar

Quiero volver a aquella vida de alegria

Quiero de nuevo cantar

Lá, rá, lá, rá
Lá, rá, lá, rá, lá, rá, rá
Lá, rá, lá, rá, lá, rá, rá
Quiero de nuevo cantar

 Testo scrito da Marcelo Solla e Barbarella Happy

lunedì 16 novembre 2020

Bala com Bala

 

BrèSamba - Bala com Bala

Bala com Bala

(João Bosco – Aldir Blanc)

 

A sala cala, o jornal prepara
Quem está na sala com pipoca e bala
E o urubu sai voando
Manso

O tempo corre e o suor escorre
Vem alguém de porre e é um corre-corre
E o mocinho chegando
Dando

 

Eu esqueço sempre nessa hora linda, loura
Minha velha fuga em todo impasse
Eu esqueço sempre nessa hora linda, loura
Quanto me custa dar a outra face

 

O tapa estala no balacobaco
É bala com bala, é fala com fala
E o galã se espalhando
Dando

No rala-rala, quando acaba a bala
É faca com faca, é rapa com rapa
E eu me realizando
Bambo

 

Quando a luz acende é uma tristeza, trapo, presa
Minha coragem muda em cansaço
Toda fita em série que se preza, dizem, reza

Acaba sempre no melhor pedaço

 


 

Il testo di Bala com Bala affonda le sue radici nella poesia concreta e nella terza fase del modernismo brasiliano. E’ una poesia sonora di alto livello. Il linguaggio è volutamente costruito su assonanze e allegorie che, una dopo l’altra, sembrano rotolare a ritmo delle azioni che si susseguono. La prima strofa ci introduce in una sala, forse quella di un bar. C’è della gente “com pipoca e bala”, con pop-corn e... caramelle o proiettili? Un urubu vola, tranquillo. Il tempo corre, il sudore scorre, ed ecco l’arrivo di un ubriaco che scatena della confusione…

D’istinto ci si chiede cosa accada esattamente. Come si muovono i vari personaggi sulla scena? Ci siamo limitati a evocare alcune prime immagini che si potrebbero estrapolare dal brano, così pieno di espressioni gergali e popolari, alcune delle quali divenute tali proprio per via della canzone. Ma abbiamo ritenuto insensato cimentarci nella traduzione dei versi di Bala com Bala (mirando, per dirla alla Eco, “a ritrovare l’intenzione del testo”), vista la quantità di nonsense e modi di dire che si susseguono in un gioco fonetico straordinario, pieno di allitterazioni, onomatopee e cacofonie, generatore di immagini che danno adito a diverse interpretazioni. 

            Nel 1977 Mina registrò un brano dal titolo “Balla chi Balla” nell’album “Mina con bignè”. E’ la versione italiana, scritta da Giorgio Calabrese, di Bala com Bala. A tratti ricalca la semantica del testo brasiliano. 

 

Balla chi Balla

(testo di Giorgio Calabrese)

 

La sera calaPoca gente in sala
Gli occhi di chi ballaCon un colpo d'ala
Passa un gabbiano volando
Bianco

Il tempo correC'è chi ne discorre
Qualcheduno correEd ecco i rigori
E stiamo appena arrivando
Stanco.

Io mi scordo sempre di quest'oraOra e ancora
L'instabilità che mi bilancia
Io mi scordo sempre in quest'oraOra e ancora
Quanto costa porgere l'altra guancia.
Il tempo scappaSalta la bracca
Poi balla chi ballaE balla chi balla
Tutto si va sparpagliando
Tanto.

Mano per manoChi non prende cala
E scopa con scopaCala con cala
E io mi sto realizzando
Sbando.

Quando il sole accendeUn mondo pieno di miseria
Il coraggio sfuma e sono stanca
Tanto che si vanta tantoDi una vita seria
Prende sempre il meglio in tutto quanto.

 

Nello stesso album Mina incise anche un altro brano di matrice brasiliana, “Che lui mi dia”, versione italiana di “Basta um dia” di Chico Buarque de Hollanda firmata da Sergio Bardotti. 

 

Bala com Bala fu la prima canzone del lungo sodalizio tra João Bosco e Aldir Blanc ad essere incisa da Elís Regina. La storia dell’incontro tra Elís e il duo è molto affascinante. João Bosco e Aldir Blanc avevano composto diversi brani insieme, sognando di presentarli un giorno a Elís Regina, che era già molto conosciuta come cantante. Aldir Blanc trovò il coraggio di chiamare al telefono Elís, che si rivelò molto gentile e li invitò a trovarla in un teatro nella zona sud del Rio de Janeiro, dove si sarebbero svolte le prove per un suo concerto. João e Aldir arrivarono e si sedettero sugli scalini davanti all’entrata del teatro. Elís li trovò lì fuori:“Entrate, venite a vedere la prova, nella pausa parlerò con voi”. Quei due giovani ragazzi si trovarono seduti nel teatro a vedere in esclusiva la più grande cantante del Brasile esibirsi solo per loro, sembrava un sogno, riuscivano a malapena a trattenere la felicità. Durante la pausa Elís andò loro incontro, si sedette per terra e disse: “suonate, suonate le vostre composizioni”. Dopo qualche canzone Elís è decisa: “Questa Bala con Bala la registro adesso nel mio album… il prossimo anno inciderò CabaréElís mantenne la promessa e registrò molti altri loro brani durante la sua carriera. Dopo Tom Jobim, Aldir Blanc è il compositore con più canzoni interpretate da Elís Regina. 

La prima versione di Bala com Bala è stata incisa nel 1973. Nel 1979 Elís registra “O Bêbado e a Equilibrista” composto da Aldir Blanc e João Bosco; si tratta di uno dei brani più importanti ispirati alla lotta contro la dittatura militare in Brasile, al quale abbiamo dedicato un post in questo blog. 

 

Vale la pena raccontare un altro episodio curioso tra Elís e Aldir. Un giorno lei andò a trovarlo a casa e, vedendolo molto triste, gli domandò: “Perché sei tanto triste?”; Aldir le raccontò che sua mamma era molto malata e si trovava all’Ospedale della Benificência Portuguesa. Aldir si è sempre dichiarato ateo, era un medico ed era al corrente dello stato di salute di sua madre. Elís, molto religiosa, gli disse: “vado all’ospedale per pregare per lei”. Aldir credeva molto nella scienza, eppure in questa circostanza il suo scetticismo dovette far spazio al misticismo cui la generosa artista era devota, perché quella sera Elís deviò dal percorso che l’avrebbe portata direttamente ad esibirsi per un concerto e salì in ospedale per pregare per sua madre. Chissà che faccia avranno fatto i medici e gli infermieri vedendo quella stella, quel mito, in giro per i corridoi dell’ospedale in cerca della madre di Aldir Blanc, per pregare con lei.

 

“Ma chi è Aldir Blanc?”

 

Durante tutta la sua vita Aldir Blanc è stato un’icona della lotta per la libertà e contro le dittature. In tutta la sua vita e anche nella morte. Aldir è venuto a mancare quest’anno, il 4 maggio 2020, nella cittá del Rio di Janeiro a 73 anni, vittima del Covid-19, in un momento politico difficile per coloro che credono nella democrazia e nella libertà. Lui è stato uno dei primi nomi conosciuti e importanti a morire di Covid-19 in Brasile, mentre il presidente e i suoi ministri negazionisti si preoccupavano più dell’economia che della sanità. Quando hanno domandato al presidente e alla ministra della cultura se il governo non si sarebbe pronunciato sulla morte di Aldir Blanc, la risposta è stata: “Ma chi è Aldir Blanc?”. Questa risposta, oltre a palesare l’ignoranza di questi dirigenti, denota il disprezzo che essi mostrano verso la cultura e la storia del Paese. Questo fatto ha suscitato una risposta forte e commovente da parte di molti artisti brasiliani. 

Desideriamo qui mostrare tre contributi significativi in ricordo di Aldir Blanc:

 

- la dichiarazione di João Bosco su Aldir Blanc il giorno della sua morte;

- Zélia Duncan si rivolge alla ministra della cultura e le racconta chi è Aldir Blanc;

- la vignetta di Nando Motta per commemorare Aldir.

 

La testimonianza di João Bosco parla da sé:

 

“Chiedo scusa a chi mi ha cercato oggi. Non sono in condizioni di parlare. Aldir è stato più che un amico per me. Aldir si confonde con la mia vita. In ogni spettacolo, ogni canzone, ogni città, era lui a parlare in me. Anche quando eravamo lontani lui era con me. E ogni volta, al ritrovarci, era come se ci fossimo appena salutati il mattino prima. E tornavamo a parlare ininterrottamente. Lui con quel senso dell’umorismo divino. Sempre innamorato dei nipoti. Lui medico, io ipocondriaco. Siamo stati amici nuovi e di lunga data. Ma soprattutto eterni. Non esiste João senza Aldir. Fortunatamente le nostre canzoni sono lì per sopravviverci. E come sempre lui parlerà in me, sarà vivo dentro di me, ogni volta che le canterò. Oggi è uno dei giorni più difficili della mia vita. Il mio cuore è con Mari, compagna di Aldir, con i suoi figli e nipoti. Perdo il migliore amico, ma guadagno, in questo mare di tristezza, una ragione per vivere: voglio cantare le nostre canzoni finché ne avrò la forza. Una persona muore solo quando muore il testimone. Io sono qui per far vivere lo spirito di Aldir. Io e tutti i brasiliani e le brasiliane colpitidal suo genio.”

João Bosco - 04/05/2020

https://www.facebook.com/oficialjoaobosco/posts/578204069492662/

 

Il 14 maggio 2020 Zelia Duncan, una grande cantante brasiliana, ha registrato e pubblicato sul suo canale ufficiale un video di grande enfasi dal titolo “Entre vida e morte, o direito de viver”, nel quale esprime il sentimento di profonda indignazione di molti artisti di fronte alla domanda della ministra della cultura: “Chi è Aldir Blanc?”. Con una retorica fantastica e con grande coerenza si rivolge alla segretaria della cultura, Regina Duarte, rispondendo alla sua domanda “Chi è Aldir Blanc?” e raccontando l’apporto gigantesco che Aldir ha dato alla musica brasiliana:

 

https://www.youtube.com/watch?v=YGQk5s67H4M

 

 

Il musicista, attore e fumettista Nando Motta rivela tutta la sua sensibilità rendendo omaggio al compositore con una vignettache illustra l’arrivo di Aldir Blanc in paradiso. E’ un evidente, a dir poco commovente rimando al meraviglioso brano “O Bêbado e a Equilibrista”:

“Henfil, vieni a vedere chi è arrivato!

 

Così, lasciata questa terra, Aldir Blanc si conferma simbolo vivo della lotta colta e intelligente contro l’ignoranza.


                Testo scritto da Marcelo Solla e Sabina Samba


mercoledì 4 novembre 2020

Tem mais samba


Tem mais Samba

(Chico Buarque de Hollanda) 

Tem mais samba no encontro que na espera
Tem mais samba a maldade que a ferida
Tem mais samba no porto que na vela
Tem mais samba o perdão que a despedida
Tem mais samba nas mãos do que nos olhos
Tem mais samba no chão do que na lua
Tem mais samba no homem que trabalha
Tem mais samba no som que vem da rua
Tem mais samba no peito de quem chora
Tem mais samba no pranto de quem vê
Que o bom samba não tem lugar nem hora
O coração de fora
Samba sem querer

Vem que passa
Teu sofrer
Se todo mundo sambasse
Seria tão fácil viver

C’è Più Samba

(Chico Buarque e Sergio Bardotti)

 

E' più samba

L'incontro che l'attesa

E' più samba

Il dolore che il rimpianto

E' più samba

La spiaggia che la vela

E' più samba

Il perdono che l'addio

C'è più samba

Nelle mani che negli occhi

C'è più samba

Per terra che sulla luna

C'è più samba

Nell'uomo che lavora

E nel suono che viene da una via

C'è più samba

Nel cuore di chi piange

C'è più samba

Nel pianto di chi sa

Che il samba non ha luogo né ore

Il cuore vuol cantare

Ma non sa perché

 

Vieni e balla anche tu

Se tutto il mondo sambasse

Sarebbe più felice

 

 C’è più Samba

(Bruno Lauzi sotto il pseudonimo di Playboy)

 

C'è più samba
Se resto ad aspettare,
Aspettar di guarire la ferita,
La ferita che hai fatto nel mio cuore,
Dentro il cuore che chiede il tuo perdono,
Il perdono che solo le tue mani
Mi daranno cercandomi domani,
C'è più samba nell'uomo ritrovato,
C'è più samba nel canto senza fiato
C'è più samba nel petto di chi piange
Perché stava cercando compagnia
E voleva donare la sua vita
Come sto facendo proprio con la mia.

Sono triste
Sai perché
Se tutto il mondo sambasse
E tu ti curassi di me.
Sono triste
Sai perché
Se tutto il mondo sambasse
E tu ti curassi di me.

 

In un venerdì del 1964, era il 7 dicembre a San Paolo, nel Teatro Maria Della Costa andava in scena la prima rappresentazione del musical “Balanço de Orfeu” del regista Luiz Vergueiro. Nella prima parte dello spettacolo si assisteva ad un dialogo immaginario tra la “Bossa Nova” e la “Jovem Guarda" (Giovane Guardia). La “Bossa Nova” rappresenta l’origine e la “vera” musica brasiliana ed era interpretata dal giovane cantante Taiguara. La “Jovem Guarda”, vista per qualcuno come una minaccia per la tradizionale musica brasiliana, era interpretata dalla cantante Claudia Gennari. Ovviamente doveva vincere la “bossa nova”, la musica “veramente” brasiliana e questo doveva essere dimostrato nella parte finale dello spettacolo, da un brano che doveva essere composto da Chico Buarque.

Due giorni prima del debutto, il mercoledì 5 dicembre, alle 19 di sera, Chico Buarque di Hollanda giunge in teatro per consegnare al regista Luiz Vergueiro il pezzo che gli era stato commissionato per la  chiusura dello spettacolo. Fu un vero disastro: il brano, che non era in realtà così male, non era proprio ciò che si era immaginato Luiz Vergueiro per il finale. Questo brano non fu mai più ritrovato e fu dimenticato in quello stesso momento, poiché non ne resta traccia, non fu mai scritto su carta.

Il giorno seguente, il giovedì, un giorno esatto prima dello spettacolo, alle 10 del mattino Luiz Vergueiro vide arrivare il suo amico Chico Barque con la chitarra in mano, gli occhi arrossati da una notte in bianco e insonne, e con un intenso odore  di cachaça. Chico aveva con sè il testo e la musica di un nuovo pezzo. Il brano in questione era “Tem mais samba”. Fu subito accolto con straordinario entusiasmo e  immediatamente inserito nello spettacolo. Questo pezzo  diventerà uno dei primi successi di Chico Buarque e  rappresenta un segno della sua opera: quello di una canzone commissionata, scritta contro il tempo, ma di alta qualità ed espressione del piacere nella sua composizione.

Nel 1966, Chico Buarque inserisce nel suo primo album, il brano “Tem mais samba”: era la seconda del lato A e arrivava dopo il grande successo “A Banda” che aveva vinto il “Festival della Musica brasiliana” del 1966 insieme a “Disparada” di Geraldo Vandré. Questo brano, “A Banda”, è lo stesso brano, “La Banda”, eseguito da Mina nella terza puntata dello spettacolo da lei condotto “Sabato sera”. Era il 15 aprile del 1967, il brano divenne un 45 giri e poi una hit-parade che riportò Mina ai vertici delle classifica. Nel 1970 Mina canterà ancora “La Banda” inserendolo nel suo Album “Mina Canta Brasil”.

Dopo aver pubblicato tre album in Brasile, Chico Buarque decise di registrare i successivi, il quarto e il quinto, in Italia e in italiano. Era il periodo della dittatura militare del suo paese, e Chico si trovava in esilio. L’album “Chico Buarque de Hollanda”, pubblicato della casa discografica RGE, era del 1968 e fu prodotto da Sergio Bardotti. Quasi tutti i testi dei 12 brani che facevano parte dell’album, erano tradotti da Sergio Bardotti, mentre le musiche erano già presenti nei tre precedenti album di Chico Buarque. Uno di essi era “C’è più Samba”.

Nel 1970 uscì il quinto album di Chico Buarque, che era il secondo in italiano, era: “Per un Pugno di Samba”.  I testi erano stati scritti da Sergio Bardotti, gli arrangiamenti erano di Ennio Morricone. Tra le voce del coro ci sono: Edda Dell’Orso e le sorelle Loredana Bertè e Mia Martini che Chico affettuosamente chiama Lolò e Mimì.

Nell’estate del 1968, durante il “Summer 68” (la migliore estate di tutti i tempi!), Mina faceva i suoi concerti alla Bussola dove cantava anche “C’è Più Samba” con un testo italiano diverso da quello presente nell’album di Chico Buarque, sempre in italiano. Il nuovo testo era scritto dall’italiano Bruno Lauzi con lo pseudonimo di Playboy ed è la versione più conosciuta in Italia. Successivamente la canzone diventerà famosa poiché sarà pubblicato anche nell’album di Mina, "Mina alla Bussola dal vivo" e poi sarà anche inserito, nel 1970, nell’album “Mina” dell’etichetta RMS, e sarà distribuito anche negli Stati Uniti. Mina, vestita da grandi costumisti del cinema e diretta da Valerio Zurlini, registra nel 1970 la canzone “C’è Più Samba” in un video per i leggendari spot della Barilla.

Testo scritto da Marcelo Solla e Barbarella Happi


venerdì 16 ottobre 2020

Sozinho

BrèSamba - Sozinha

Sozinha
(Peninha)

Às vezes, no silêncio da noite
Eu fico imaginando nós dois
Eu fico ali sonhando acordada
Juntando o antes, o agora e o depois
Por que você me deixa tão solta?
Por que você não cola em mim?
Tô me sentindo muito sozinha
Não sou nem quero ser sua dona
É que um carinho, às vezes, cai bem
Eu tenho os meus segredos e planos secretos
Só abro pra você, mais ninguém
Por que você me esquece e some?
E se eu me interessar por alguém?
E se ele, de repente, me ganha?
Quando a gente gosta
É claro que a gente cuida
Fala que me ama
Só que é da boca pra fora
Ou você me engana
Ou não está maduro
Onde está você agora?
 
Da sola

A volte, nel silenzio della notte
Immagino noi due
Sto lì, sognando a occhi aperti
Unendo il prima, l’adesso e il dopo.
Perché mi lasci così libera?
Perché non ti attacchi a me?
Mi sto sentendo molto sola
Non sono né voglio essere la tua padrona
E’ che una carezza, a volte, fa bene
Io ho i miei segreti e piani segreti
Li svelo solo a te, a nessun altro
Perché mi dimentichi e sparisci?
E se fossi interessata a qualcuno?
E se lui, all’improvviso, mi conquistasse?
Quando ci vogliamo bene
E’ chiaro che abbiamo cura
Dici che mi ami
Ma è tanto per dire
O mi prendi in giro
O non sei maturo
Dove sei ora?
 
    Il Brasile, col tempo, ha dato di sé al mondo l’immagine di un paese assolato e allegro. Il sole tropicale splende durante il giorno, pertanto, quando si pensa al Brasile, immaginiamo luce, calore, spiaggia, pelli abbronzate, corpi scevri di vergogne, libertà e un permanente sorriso. Il Brasile è una mistura di popoli ed etnie, acqua dolce dei fiumi, acqua salata del mare. E pure aridezza. Il Brasile va orgoglioso delle sue ore di sole. Ma nasconde le sue ore notturne, in cui l’oscurità spegne le stelle nel cielo.
    
    Il complesso rock progressivo dei Pink Floyd ha immortalato l’idea dell’esistenza di un permanente “Dark Side of the Moon”. Eppure la luna, al contrario di quanto molti immaginano, ha luce e oscurità in ogni centimetro della sua superficie. Il Brasile è una luna e vive, da qualche tempo, una lunga notte che va ritardando l'aurora.
    
    Il compositore brasiliano Peninha ha una figlia, Clariana Alves. All’età di 14 anni Clariana aveva un ragazzo col quale litigò. Il padre sentì litigare i due e si preoccupò per la sofferenza della figlia, che piangeva sentendosi sola e lontana dal suo amore. La preoccupazione per la figlia ispirò Peninha, che compose “Sozinha”.

    La canzone di Peninha è notturna, è triste. E’ l’opposto di ciò che il Brasile si era abituato ad essere per il mondo. Non è Bossa Nova, né Carmen Miranda. “Sozinha” è silenzio, una lacrima dolce e salata, di versi che sgorgano malinconia:
 
“A volte, nel silenzio della notte
Immagino noi due
Sto lì, sognando a occhi aperti
Unendo il prima, l’adesso e il dopo.
Perché mi lasci così libera?
Perché non ti attacchi a me?
Mi sto sentendo molto sola”
 
    Questo brano è nato al femminile ed è stato inciso inizialmente dalla cantante Sandra de Sá con il titolo originale di “Sozinha”, poiché descrive la solitudine della piccola Clariana Alves. Nonostante la tristezza associata al tema della solitudine, Sandra de Sá lo interpreta con un ritmo quasi allegro, quasi solare, quasi giorno...di tanta solitudine.

    Dopo Sandra de Sá, a incidere la canzone è la voce rauca, grave e carica del cantante Tim Maia, un’icona del soul e del funk brasiliani. Con Tim Maia il brano si trasforma e passa al maschile. “Sozinha” diventa “Sozinho”. Con la voce possente di Tim Maia la canzone cresce e giunge alle orecchie di Caetano Veloso. Con la voce del baiano Caetano, “Sozinho” si trasforma in un successo immediato e porta l’album “Prenda Minha” a raggiungere un milione di copie vendute.

    Ora il brano è stato inciso dall’italiana Sara Trementini. Con lei, torna al femminile. E il brano, nuovamente in una voce di ragazza, torna ad essere luna. Con Sandra de Sá, Tim Maia, Caetano Veloso e Sara Trementini, “Sozinha”, come la luna, completa un ciclo, con quattro fasi solitarie complementari. E dall’oscurità della notte di un Brasile tropicale la tristezza della ragazza solitaria emana un bagliore segreto, nascosto nella luce e nel candore che colora il suo nome: Clariana Alves, il chiarore d’aurora del sole e della luna.
 
    “Sozinha” è la ragazza. “Sozinho” è il Brasile, immerso in una notte scura che tiene nascosto il soleggiato paese tropicale dietro pandemie e autoritarismi politici che opprimono un popolo nel verso finale della canzone di Peninha: “dove sei ora?”
    
        Testo di Anderson Borges Costa
        Traduzione di Sabina Samba e Sem Confini

lunedì 14 settembre 2020

Aos Nossos Filhos

 

Pedro Mariano e Marcelo Elias - Brescia 14 settembre 2019

 

Aos nossos filhos

(Ivan Lins e Vitor Martins)


Perdoem a cara amarrada
Perdoem a falta de abraço
Perdoem a falta de espaço
Os dias eram assim
Perdoem por tantos perigos
Perdoem a falta de abrigo
Perdoem a falta de amigos
Os dias eram assim
Perdoem a falta de folhas
Perdoem a falta de ar
Perdoem a falta de escolha
Os dias eram assim
E quando passarem a limpo
E quando cortarem os laços
E quando soltarem os cintos
Façam a festa por mim
E quando lavarem a mágoa
E quando lavarem a alma
E quando lavarem a água
Lavem os olhos por mim
Quando brotarem as flores
Quando crescerem as matas
Quando colherem os frutos
Digam o gosto pra mim
Digam o gosto pra mim
 
Ai nostri figli
 
Perdonate il mal umore
Perdonate la mancanza di abbraccio
Perdonate la mancanza di spazio
I giorni erano così
Perdonate per tanti pericoli
Perdonate la mancanza di riparo
Perdonate la mancanza di amici
I giorni erano così
Perdonate la mancanza di foglie
Perdonate la mancanza di aria
Perdonate la mancanza di scelta
I giorni erano così
E quando passeranno in rassegna
E quando spezzeranno i vincoli
E quando allenteranno le cinghie
Festeggiate per me
E quando laveranno il dolore
E quando laveranno l'anima
E quando laveranno l'acqua
Lavate gli occhi per me
Quando sbocceranno i fiori
Quando cresceranno le foreste
Quando raccoglieranno i frutti
Ditemi che sapore ha
Ditemi che sapore ha
  

        Parlare di questa canzone desta in me una somma di sentimenti. Perché si tratta di una delle canzoni che più amo dalla voce di mia madre, per la storia della canzone stessa e per via della sua struttura come costruzione musicale.

        Composta da Ivan Lins e Vítor Martins, una delle coppie maggiormente influenti della storia della Musica Popolare Brasliana, “Aos Nossos Filhos” è la narrazione dei tormenti patiti durante la dittatura militare in Brasile da una persona che si rivolge alla generazione successiva e racconta di come quei giorni fossero pesanti.

        Questa canzone mi ha sempre emozionato, anche quando fu lanciata ed ero molto piccolo. Non avevo ancora la maturità per comprenderne il messaggio, né afferrare le finezze contenute nel testo, ma l’interpretazione di Elís, colma di una dedizione assoluta, riusciva a trasmettermi l’importanza di qualcosa di molto serio che doveva essere detto. Ricordo che ogni volta che Elís la cantava non riusciva a trattenere le lacrime, e che lo stesso accadde a me le prime volte che interpretai questa canzone. Ma io avevo ragioni diverse. Mia madre ci ha lasciati nel 1982, durante il periodo di transizione dalla dittatura alla nuova democrazia, per questo non ebbe l’opportunità di vedere come sarebbero stati i giorni seguenti al periodo al quale la canzone fa riferimento. Spesso mi sono visto come il figlio destinatario di quel messaggio, ed era molto intenso dover interpretare quel ruolo, data la verità in esso contenuta.

        Musicalmente parlando, considero questo brano una composizione di grande qualità. Suona estremamente semplice all’orecchio, ma è molto ben scritta e costruita. A tutto ciò si aggiunga l’arrangiamento di Cesar Camargo Mariano, mio padre, che capta tutta la densità del momento e permea l’intera canzone di contrappunti melodici che fanno venire la pelle d’oca, e sono tanto indispensabili quanto la canzone stessa. Furono composti l’uno per l’altro. Il mio rispetto per quest’opera è tale che mai sono riuscito ad esibirmi senza chiedere ai musicisti di citare tali contrappunti, che si trattasse di una big band o di piano e voce, perché li ritengo parte integrante della composizione.

        Ho cantato questa canzone per la prima volta nel 1995 in occasione di un omaggio a Elís per il suo cinquantenario. E’ stato molto difficile. Da allora mi discosto dall’emozione di figlio ma, performance dopo performance, costruisco l’emozione dell’interprete con i miei mattoni. Non arrivo a dire che sia più facile, tuttavia i sentimenti sono mutati e il figlio ha ceduto il posto all’adulto che, al cantare e pronunciare tali parole, al trattare lo stesso argomento, a distanza di tanti anni percepisce altre “tristezze”. Purtroppo esistono ancora oggi persone convinte che quei giorni non fossero così, questo fatto soltanto ha il potere di riportarmi indietro nel tempo.

        Per fortuna che la musica è eterna.

        
        Testo di Pedro Mariano
        Traduzione di Sabina Samba
 


domenica 13 settembre 2020

João e Maria

BrèSamba - João e Maria


João e Maria
(Chico Buarque de Hollanda e Sivuca)
 
Agora eu era o herói
E o meu cavalo só falava inglês
A noiva do cowboy
Era você, além das outras três
Eu enfrentava os batalhões
Os alemães e seus canhões
Guardava o meu bodoque
E ensaiava um rock
Para as matinês
 
Agora eu era o rei
Era o bedel e era também juiz
E pela minha lei
A gente era obrigada a ser feliz
E você era a princesa
Que eu fiz coroar
E era tão linda de se admirar
Que andava nua pelo meu país
 
Não não fuja não
Finja que agora eu era o seu brinquedo
Eu era o seu pião
O seu bicho preferido
Sim me dê a mão
A gente agora já não tinha medo
No tempo da maldade
Acho que a gente nem tinha nascido
 
Agora era fatal
Que o faz-de-conta terminasse assim
Pra lá deste quintal
Era uma noite que não tem mais fim
Pois você sumiu no mundo
Sem me avisar
E agora eu era um louco a perguntar
O que é que a vida vai fazer de mim
 
 
João e Maria
 
Ora io ero l'eroe
E il mio cavallo parlava solo inglese
La sposa del cowboy
Eri tu, oltre le altre tre
io affrontavo i battaglioni
I tedeschi e i loro cannoni
Mettevo da parte la mia fionda
E mi allenavo con il rock per le matines
 
Ora io ero il re
Ero il bidello ed ero anche il giudice
E secondo la mia legge
Noi eravamo obbligati ad essere felici
E tu eri la principessa
Che ho fatto incoronare
Ed eri così bella da ammirare
Che camminavi nuda per il mio paese
 
No, non scappare
Fai finta che io ero il tuo giocattolo
Ero la tua trottola
Il tuo animale preferito
Sì, dammi la mano
Noi adesso non avevamo più paura
Nel tempo della cattiveria
Penso che non eravamo neanche nati
 
Ora era inevitabile
Che il fantasticare è finito così
Oltre questo cortile
Era una notte che non ha più fine
Perché tu sei scomparsa nel mondo
Senza avvisarmi
Adesso impazzisco chiedendomi
Cosa farà la vita di me?
 
 
    Figlio del grande storico e critico letterario Sérgio Buarque de Holanda, Chico Buarque ha sempre avuto le lettere e la letteratura come compagnia. A 22 anni ha registrato il suo primo album e in esso è inserito il suo primo successo "A banda", musica con la quale ha vinto il Festival MPB nel 1966.
    Dopo il suo ritorno dall'Italia, dove si rifugiò, da esiliato, durante la dittatura militare in Brasile, incontrò molte difficoltà a registrare nuove canzoni: se queste riportavano il nome “Chico” come compositore, venivano censurate. Si dedicò, quindi, alla composizione di colonne sonore per film e musical. Entrò, inoltre,  nel mondo dei bambini traducendo in portoghese lo spettacolo "I Musicanti" dell'italiano Sergio Bardotti e dell'argentino Luis Enriquez Bacalov, che diventò uno dei più grandi successi del teatro brasiliano per bambini con il titolo di “Os saltimbancos”.
    Fu in quel momento che, circondato dal mondo dell’infanzia, il musicista brasiliano Sivuca gli presentò una sua melodia che aveva composto nel 1947. Chico, si rese conto che all'epoca della composizione del brano, lui aveva 3 anni.
La somma di tutte queste coincidenze: la data della canzone composta quando lui era solo un bambino, e il suo attuale coinvolgimento nello spettacolo per bambini, ed inoltre, il fatto che sua figlia Silvia, (nata a Roma durante l'esilio del padre) in quel momento avesse sette anni, tutte queste ragioni insieme, erano sufficienti per dare vita ad un classico della musica brasiliana.
    Nasce così “João e Maria”, una canzone in cui i bambini parlano mentre fantasticano nel mondo dell’immaginazione, dove anche il verbo coniugato in modo errato diventa poetico nelle mani di Chico: in fondo per i bambini,  "agora eu era" (adesso ero), è la frase con cui chi parla per primo diventa ciò che vuole essere.
    Inizialmente registrata da Nara Leão nel 1977 sul disco “Os meus amigos são um barato”, con la partecipazione di Chico e Sivuca, la canzone ebbe molto successo, essendo anche colonna sonora di una fiction.
Qualcuno in questo brano, legge una velata critica al momento politico vissuto dal Brasile di quell’epoca, ma Chico Buarque non vive solo di politica, dopotutto, nella sua musica era una volta una donna, una volta un uomo e perché no, ora anche un bambino. Dove alcuni vedono una critica, io vedo una bellissima canzone di Chico, e Chico se ne intende veramente.
 
    Testo di Cristhiano Lelé (Canal Chiado)
    Traduzione di Barbarella Happi e Josi Solla (Sem Confini)