Ivete Souza e BrèSamba
Águas de Março
(Antonio Carlos
Jobim)
É pau, é pedra, é o
fim do caminho
É um resto de toco, é um pouco sozinho
É um caco de vidro, é a vida, é o sol
É a noite, é a morte, é um laço, é o anzol
É peroba do campo, é o nó da madeira
Caingá candeia, é o matita-pereira
É madeira de vento,
tombo da ribanceira
É o mistério profundo, é o queira ou não queira
É o vento ventando, é o fim da ladeira
É a viga, é o vão, festa da cumeeira
É a chuva chovendo, é conversa ribeira
Das águas de março, é o fim da canseira
É o pé, é o chão, é a marcha estradeira
Passarinho na mão, pedra de atiradeira
É uma ave no céu, é
uma ave no chão
É um regato, é uma fonte, é um pedaço de pão
É o fundo do poço, é o fim do caminho
No rosto um desgosto, é um pouco sozinho
É um estepe, é um
prego, é uma conta, é um conto
É um pingo pingando, é uma ponta, é um ponto
É um peixe, é um gesto, é uma prata brilhando
É a luz da manha, é o tijolo chegando
É a lenha, é o dia, é o fim da picada
É a garrafa de cana, o estilhaço na estrada
É o projeto da
casa, é o corpo na cama
É o carro enguiçado, é a lama, é a lama
É um passo, é uma
ponte, é um sapo, é uma rã
É um resto de mato na luz da manhã
São as águas de março fechando o verão
É a promessa de vida no teu coração
É uma cobra, é um
pau, é João, é José
É um espinho na mão, é um corte no pé
São as águas de março fechando o verão
É a promessa de vida no teu coração
É pau, é pedra, é o
fim do caminho
É um resto de toco, é um pouco sozinho
É um passo, é uma ponte, é um sapo, é uma rã
É um belo horizonte, é uma febre terça
São as águas de março fechando o verão
É a promessa de vida no teu coração
Águas de Março
È
stecco, è sasso, è la fine della strada
È
un avanzo di ceppo, è un po’ solitario
È
un frammento di vetro, è la vita, è il sole
È
la notte, è la morte, è un nodo, è l’amo
È
peroba do campo, è il nodo del legno
Caingá candeia, è il matita-pereira
È
legno di vento, caduta dal dirupo
È
il mistero profondo, è il volente o nolente
È
il vento soffiando, è la fine del pendio
È
la trave, è il vano, festa della cumeeira
È
la pioggia piovendo, è due chiacchiere al fiume
Delle
piogge di marzo, è la fine della fatica
È
il piede, è il pavimento, è la marcia in strada
Uccellino
nella mano, sasso di fionda.
È
un volatile nel cielo, è un volatile a terra
È
un ruscello, è una fonte, è un pezzo di pane
È
il fondo del pozzo, è la fine della strada
Nel
volto un disgusto, è un po’ solitario
E
una steppa, è un chiodo, e un conto, è un racconto
È
una goccia gocciando, è una punta, è un punto.
È
un pesce, è un gesto, è un argento lucente
È
la luce del mattino, è il mattone arrivando
È
la legna, è il giorno, è il sentiero senza uscita
È
la bottiglia di cachaça, è la scheggia per strada
È
il progetto della casa, è il corpo nel letto
È
la macchina in avaria, è il fango, è il fango
È
un passo, è un ponte, è un rospo, è una rana
È
un resto di foresta nella luce del mattino
Sono
le piogge di marzo chiudendo l’estate
È
la promessa di vita nel tuo cuore
È
un serpente, è un tronco, è Giovanni, è Giuseppe
È
una spina nella mano, è un taglio nel piede
Sono
le piogge di marzo chiudendo l’estate
È
la promessa di vita nel tuo cuore
È
stecco, è sasso, è la fine della strada
È
un avanzo di ceppo, è un po’ solitario
È
un passo, è un ponte, è un rospo, è una rana
È
un bell’orizzonte, è una febbre intensa
Sono
le piogge di marzo chiudendo l’estate
È
la promessa di vita nel tuo cuore
Una
delle più belle leggende della musica brasiliana è legata alla canzone Águas de
Março. Gli amici Tom Jobim e Vinicius de Moraes erano soliti frequentare i
tavolini esterni del Bar Veloso, sul lungomare di Ipanema. Da lì osservavano i
passanti, soprattutto le ragazze. E’ noto che una di queste ispirò la loro canzone
Garota de Ipanema. A
volte la gente salutava Vinicius dicendo: “Buongiorno Poeta” e lui rispondeva:
“Poeta no, Poetinha (poetuccio), perché vero poeta è Drummond” facendo
riferimento a Carlos Drummond de Andrade, il maggior poeta della lingua
portoghese di tutti i tempi. Drummond era nato nello stato di Minas Gerais, a
Itabira, ma allora viveva a Rio di Janeiro, dove lavorava come impiegato pubblico.
In un bel giorno assolato i due compositori, seduti al solito bar, videro
passare Drummond e Tom Jobim lo chiamò: “Poeta, poeta, vieni qui! Tu che sei il
nostro grande poeta, potresti indicarmi un buon rimario?”. Drummond rispose,
secco: “uno che ha scritto Águas de Março non ha bisogno di un dizionario di
rime”, e se ne andò col suo passo lento e leggero.
Il
mese di marzo rappresenta la fine dell’estate in Brasile. Nella “Serra do Mar”,
stagliata sullo sfondo della città di Rio de Janeiro, è un periodo di piogge
intense, che a volte causano alluvioni. La città di Rio è situata tra l’Oceano
Atlantico e l’altipiano della Serra do Mar, non lontano da una grande insenatura
chiamata “Baia da Guanabara”. Tom Jobim
aveva una cascina sulle montagne, nel piccolo villaggio di São José do Vale do
Rio Preto. Nel 1972 in questa cascina immersa nella natura Tom Jobim ha
composto Águas de Março. Era un periodo cupo per Jobim. Il suo medico temeva il
peggio per lui a causa della cirrosi, che lo aveva colpito in un periodo in cui
beveva troppo. Le strofe “é um resto di toco, é um poco sozinho” e “é o corpo
na cama” riflettono il suo stato d’animo. Più tardi in diverse interviste Tom
Jobim fa riferimento a questo periodo con tono melancolico, come a un momento
durante il quale aveva smesso di credere nel suo futuro artistico. Temeva di ritrovarsi
a 80 anni in un circo cantando Garota de
Ipanema e di venir fischiato e criticato.
Nel
testo della canzone è presente solo la terza persona singolare del verbo
essere. E’ un susseguirsi di parole ed espressioni, come una serie di scatti
fotografici che danno forma ad una descrizione per immagini del contesto naturale
e paesaggistico della “Serra Carioca”. Unica eccezione al plurale per le “acque
di marzo”: “são as águas de março fechando o verão”, sono le piogge di marzo,
promessa di vita e di rinascita, non solo per la vegetazione ma per il cuore, per
l’animo umano.
Il
brano è stato lanciato con un singolo contenente O Tal, brano d’esordio del compositore João Bosco. Nel 1973 è il
brano di apertura dell’album Matita Perê
di Tom Jobim. Al 1974 risale la registrazione più conosciuta, il duetto con
Elis Regina per l’album Elis e Tom.
Questo incontro tra Elis e Tom è stato uno dei momenti sublimi della musica
brasiliana: il maggior compositore con la più grande interprete. Tom veniva dalla
Bossa Nova, che già esisteva da vent’anni, rappresentava il passato; Elis cantava
la MPB (eme-pe-be, Musica Popular Brasileira) che era appena nata,
rappresentava il futuro. La Philips aveva in mente di mettere insieme queste
due stili, affidando le canzoni tradizionali di Tom all’energia di Elis e dei suoi
musicisti. Elis e Tom rimasero entrambi increduli all’idea che l’altro avesse
accettato di collaborare, così, il tempo di prendere accordi e i progetto si
concretizzò. Elis e suoi musicisti volarono a Los Angeles, California, dove
viveva Jobim, per curare i dettagli e registrare. Solo una volta atterrati vennero
a sapere che avrebbero avuto pochissimo tempo per registrare. Cesar Camargo
Mariano, marito di Elis Regina fu scelto per fare gli arrangiamenti delle canzoni.
Cesar chiese a Elis di portare i loro figli a Disneyland, così da poter restare
in albergo tranquillo e lavorare sui brani, ma questa pace durava poco a causa
di Tom Jobim, che lo chiamava circa tre volte al giorno per sapere “come andavano
i lavori”. La squadra ebbe appena due giorni per lavorare in studio: Elis e Tom, la prima collaborazione
assoluta tra i due, uno degli album più importanti della musica brasiliana è
stato registrato solo in due giorni! La qualità eccelsa dei musicisti ha contribuito
non poco alla buona riuscita dell’impresa: Cesar Camargo Mariano al pianoforte,
Oscar Castro Neves e Helio Delmiro alla chitarra, Luizão Maia al basso,
Paulinho Braga alla batteria e Chico Batera alle percussioni. Elis raccontò in
seguito di aver avuto delle difficoltà a lavorare con Tom Jobim: Tom era un
instancabile fucina di scherzi e battute, cosa che faceva ridere Elis
costantemente mentre cantava. Proprio quel sorriso e quella gioia contagiosa hanno
forgiato la splendida immagine di Elis Regina.
Testo scritto da Marcelo Solla e Sabina Samba
Testo scritto da Marcelo Solla e Sabina Samba
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