mercoledì 29 gennaio 2020

Águas de Março


Ivete Souza e BrèSamba

Águas de Março
(Antonio Carlos Jobim)

É pau, é pedra, é o fim do caminho
É um resto de toco, é um pouco sozinho
É um caco de vidro, é a vida, é o sol
É a noite, é a morte, é um laço, é o anzol
É peroba do campo, é o nó da madeira
Caingá candeia, é o matita-pereira
É madeira de vento, tombo da ribanceira
É o mistério profundo, é o queira ou não queira
É o vento ventando, é o fim da ladeira
É a viga, é o vão, festa da cumeeira
É a chuva chovendo, é conversa ribeira
Das águas de março, é o fim da canseira

É o pé, é o chão, é a marcha estradeira
Passarinho na mão, pedra de atiradeira
É uma ave no céu, é uma ave no chão
É um regato, é uma fonte, é um pedaço de pão
É o fundo do poço, é o fim do caminho
No rosto um desgosto, é um pouco sozinho
É um estepe, é um prego, é uma conta, é um conto
É um pingo pingando, é uma ponta, é um ponto
É um peixe, é um gesto, é uma prata brilhando
É a luz da manha, é o tijolo chegando
É a lenha, é o dia, é o fim da picada
É a garrafa de cana, o estilhaço na estrada
É o projeto da casa, é o corpo na cama
É o carro enguiçado, é a lama, é a lama
É um passo, é uma ponte, é um sapo, é uma rã
É um resto de mato na luz da manhã
São as águas de março fechando o verão
É a promessa de vida no teu coração

É uma cobra, é um pau, é João, é José
É um espinho na mão, é um corte no pé
São as águas de março fechando o verão
É a promessa de vida no teu coração
É pau, é pedra, é o fim do caminho
É um resto de toco, é um pouco sozinho
É um passo, é uma ponte, é um sapo, é uma rã
É um belo horizonte, é uma febre terça
São as águas de março fechando o verão
É a promessa de vida no teu coração

Águas de Março

È stecco, è sasso, è la fine della strada
È un avanzo di ceppo, è un po’ solitario
È un frammento di vetro, è la vita, è il sole
È la notte, è la morte, è un nodo, è l’amo
È peroba do campo, è il nodo del legno
Caingá candeia, è il matita-pereira
È legno di vento, caduta dal dirupo
È il mistero profondo, è il volente o nolente
È il vento soffiando, è la fine del pendio
È la trave, è il vano, festa della cumeeira
È la pioggia piovendo, è due chiacchiere al fiume
Delle piogge di marzo, è la fine della fatica

È il piede, è il pavimento, è la marcia in strada
Uccellino nella mano, sasso di fionda.
È un volatile nel cielo, è un volatile a terra
È un ruscello, è una fonte, è un pezzo di pane
È il fondo del pozzo, è la fine della strada
Nel volto un disgusto, è un po’ solitario
E una steppa, è un chiodo, e un conto, è un racconto
È una goccia gocciando, è una punta, è un punto.
È un pesce, è un gesto, è un argento lucente
È la luce del mattino, è il mattone arrivando
È la legna, è il giorno, è il sentiero senza uscita
È la bottiglia di cachaça, è la scheggia per strada
È il progetto della casa, è il corpo nel letto
È la macchina in avaria, è il fango, è il fango
È un passo, è un ponte, è un rospo, è una rana
È un resto di foresta nella luce del mattino
Sono le piogge di marzo chiudendo l’estate
È la promessa di vita nel tuo cuore

È un serpente, è un tronco, è Giovanni, è Giuseppe
È una spina nella mano, è un taglio nel piede
Sono le piogge di marzo chiudendo l’estate
È la promessa di vita nel tuo cuore
È stecco, è sasso, è la fine della strada
È un avanzo di ceppo, è un po’ solitario
È un passo, è un ponte, è un rospo, è una rana
È un bell’orizzonte, è una febbre intensa
Sono le piogge di marzo chiudendo l’estate
È la promessa di vita nel tuo cuore




    Una delle più belle leggende della musica brasiliana è legata alla canzone Águas de Março. Gli amici Tom Jobim e Vinicius de Moraes erano soliti frequentare i tavolini esterni del Bar Veloso, sul lungomare di Ipanema. Da lì osservavano i passanti, soprattutto le ragazze. E’ noto che una di queste ispirò la loro canzone Garota de Ipanema. A volte la gente salutava Vinicius dicendo: “Buongiorno Poeta” e lui rispondeva: “Poeta no, Poetinha (poetuccio), perché vero poeta è Drummond” facendo riferimento a Carlos Drummond de Andrade, il maggior poeta della lingua portoghese di tutti i tempi. Drummond era nato nello stato di Minas Gerais, a Itabira, ma allora viveva a Rio di Janeiro, dove lavorava come impiegato pubblico. In un bel giorno assolato i due compositori, seduti al solito bar, videro passare Drummond e Tom Jobim lo chiamò: “Poeta, poeta, vieni qui! Tu che sei il nostro grande poeta, potresti indicarmi un buon rimario?”. Drummond rispose, secco: “uno che ha scritto Águas de Março non ha bisogno di un dizionario di rime”, e se ne andò col suo passo lento e leggero.

    Il mese di marzo rappresenta la fine dell’estate in Brasile. Nella “Serra do Mar”, stagliata sullo sfondo della città di Rio de Janeiro, è un periodo di piogge intense, che a volte causano alluvioni. La città di Rio è situata tra l’Oceano Atlantico e l’altipiano della Serra do Mar, non lontano da una grande insenatura chiamata “Baia da Guanabara”.  Tom Jobim aveva una cascina sulle montagne, nel piccolo villaggio di São José do Vale do Rio Preto. Nel 1972 in questa cascina immersa nella natura Tom Jobim ha composto Águas de Março. Era un periodo cupo per Jobim. Il suo medico temeva il peggio per lui a causa della cirrosi, che lo aveva colpito in un periodo in cui beveva troppo. Le strofe “é um resto di toco, é um poco sozinho” e “é o corpo na cama” riflettono il suo stato d’animo. Più tardi in diverse interviste Tom Jobim fa riferimento a questo periodo con tono melancolico, come a un momento durante il quale aveva smesso di credere nel suo futuro artistico. Temeva di ritrovarsi a 80 anni in un circo cantando Garota de Ipanema e di venir fischiato e criticato.

    Nel testo della canzone è presente solo la terza persona singolare del verbo essere. E’ un susseguirsi di parole ed espressioni, come una serie di scatti fotografici che danno forma ad una descrizione per immagini del contesto naturale e paesaggistico della “Serra Carioca”. Unica eccezione al plurale per le “acque di marzo”: “são as águas de março fechando o verão”, sono le piogge di marzo, promessa di vita e di rinascita, non solo per la vegetazione ma per il cuore, per l’animo umano.


    Il brano è stato lanciato con un singolo contenente O Tal, brano d’esordio del compositore João Bosco. Nel 1973 è il brano di apertura dell’album Matita Perê di Tom Jobim. Al 1974 risale la registrazione più conosciuta, il duetto con Elis Regina per l’album Elis e Tom. Questo incontro tra Elis e Tom è stato uno dei momenti sublimi della musica brasiliana: il maggior compositore con la più grande interprete. Tom veniva dalla Bossa Nova, che già esisteva da vent’anni, rappresentava il passato; Elis cantava la MPB (eme-pe-be, Musica Popular Brasileira) che era appena nata, rappresentava il futuro. La Philips aveva in mente di mettere insieme queste due stili, affidando le canzoni tradizionali di Tom all’energia di Elis e dei suoi musicisti. Elis e Tom rimasero entrambi increduli all’idea che l’altro avesse accettato di collaborare, così, il tempo di prendere accordi e i progetto si concretizzò. Elis e suoi musicisti volarono a Los Angeles, California, dove viveva Jobim, per curare i dettagli e registrare. Solo una volta atterrati vennero a sapere che avrebbero avuto pochissimo tempo per registrare. Cesar Camargo Mariano, marito di Elis Regina fu scelto per fare gli arrangiamenti delle canzoni. Cesar chiese a Elis di portare i loro figli a Disneyland, così da poter restare in albergo tranquillo e lavorare sui brani, ma questa pace durava poco a causa di Tom Jobim, che lo chiamava circa tre volte al giorno per sapere “come andavano i lavori”. La squadra ebbe appena due giorni per lavorare in studio: Elis e Tom, la prima collaborazione assoluta tra i due, uno degli album più importanti della musica brasiliana è stato registrato solo in due giorni! La qualità eccelsa dei musicisti ha contribuito non poco alla buona riuscita dell’impresa: Cesar Camargo Mariano al pianoforte, Oscar Castro Neves e Helio Delmiro alla chitarra, Luizão Maia al basso, Paulinho Braga alla batteria e Chico Batera alle percussioni. Elis raccontò in seguito di aver avuto delle difficoltà a lavorare con Tom Jobim: Tom era un instancabile fucina di scherzi e battute, cosa che faceva ridere Elis costantemente mentre cantava. Proprio quel sorriso e quella gioia contagiosa hanno forgiato la splendida immagine di Elis Regina.

        Testo scritto da Marcelo Solla e Sabina Samba

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