Aos nossos filhos
(Ivan Lins e Vitor Martins)
Parlare di questa canzone desta in me una somma di sentimenti.
Perché si tratta di una delle canzoni che più amo dalla voce di mia madre, per
la storia della canzone stessa e per via della sua struttura come costruzione
musicale.
Composta da Ivan Lins e Vítor Martins, una delle coppie maggiormente
influenti della storia della Musica Popolare Brasliana, “Aos Nossos Filhos” è la
narrazione dei tormenti patiti durante la dittatura militare in Brasile da una
persona che si rivolge alla generazione successiva e racconta di come quei
giorni fossero pesanti.
Questa canzone mi ha sempre emozionato, anche quando fu
lanciata ed ero molto piccolo. Non avevo ancora la maturità per comprenderne il
messaggio, né afferrare le finezze contenute nel testo, ma l’interpretazione di
Elís, colma di una dedizione assoluta, riusciva a trasmettermi l’importanza di
qualcosa di molto serio che doveva essere detto. Ricordo che ogni volta che Elís
la cantava non riusciva a trattenere le lacrime, e che lo stesso accadde a me le
prime volte che interpretai questa canzone. Ma io avevo ragioni diverse. Mia
madre ci ha lasciati nel 1982, durante il periodo di transizione dalla
dittatura alla nuova democrazia, per questo non ebbe l’opportunità di vedere
come sarebbero stati i giorni seguenti al periodo al quale la canzone fa
riferimento. Spesso mi sono visto come il figlio destinatario di quel
messaggio, ed era molto intenso dover interpretare quel ruolo, data la verità in
esso contenuta.
Musicalmente parlando, considero questo brano una
composizione di grande qualità. Suona estremamente semplice all’orecchio, ma è
molto ben scritta e costruita. A tutto ciò si aggiunga l’arrangiamento di Cesar
Camargo Mariano, mio padre, che capta tutta la densità del momento e permea
l’intera canzone di contrappunti melodici che fanno venire la pelle d’oca, e
sono tanto indispensabili quanto la canzone stessa. Furono composti l’uno per
l’altro. Il mio rispetto per quest’opera è tale che mai sono riuscito ad
esibirmi senza chiedere ai musicisti di citare tali contrappunti, che si
trattasse di una big band o di piano e voce, perché li ritengo parte integrante
della composizione.
Ho cantato questa canzone per la prima volta nel 1995 in
occasione di un omaggio a Elís per il suo cinquantenario. E’ stato molto
difficile. Da allora mi discosto dall’emozione di figlio ma, performance dopo
performance, costruisco l’emozione dell’interprete con i miei mattoni. Non
arrivo a dire che sia più facile, tuttavia i sentimenti sono mutati e il figlio
ha ceduto il posto all’adulto che, al cantare e pronunciare tali parole, al
trattare lo stesso argomento, a distanza di tanti anni percepisce altre
“tristezze”. Purtroppo esistono ancora oggi persone convinte che quei giorni
non fossero così, questo fatto soltanto ha il potere di riportarmi indietro nel
tempo.
Traduzione di Sabina Samba