lunedì 22 gennaio 2024

La Batteria nel Choro

La Batteria nel Choro
(Guilherme Ledoux)

Guilherme Ledoux - foto di Daniel de Granville

Quando Marcelo Sola mi ha invitato a scrivere un articolo sul genere Choro, un argomento così importante e in qualche modo complesso, sono stato molto felice...

Importante...

Fa parte della formazione culturale musicale e sociale del Brasile.

Complesso...

In un Paese con accesso limitato all’informazione, l’oralità è di fondamentale importanza per mantenere e diffondere la storia della cultura popolare.

In una lunga telefonata, mentre stavo assemblando la mia batteria per un lavoro presso una birreria artigianale nel sud dell'Isola di Florianópolis, Marcelo mi ha commentato:

“Il modo di scrivere può essere libero, valorizzando gli aspetti vissuti, senza attaccamento alla rigida veridicità, all’accademismo”.

Sono diventato più tranquillo.

Informazioni che abbiamo sentito per strada fin dall'infanzia.

Ecco perché il linguaggio scelto è l'oralità, il linguaggio del Choro, in prima persona.

 

Il mio nome è GUILHERME LEDOUX.

Musicista da 30 anni, filmmaker e surfista da 23.

Ho studiato percussioni classiche e popolari, compresa la batteria.

Lavoro come creatore e montatore di video, con particolare attenzione al pluripremiato documentario “Sistema de Animação”, che racconta la vita e l'opera del mio grande maestro: Toucinho Batéra.

Ho fatto parte per 8 anni dell'Orchestra Sinfonica di Santa Catarina con il Maestro José Nilo do Vale, con il quale ho partecipato a 5 tournée in tutto lo stato di Santa Catarina e di decine di concerti nei teatri.

Come musicista ospite, ho partecipato all'Orchestra Camerata de Florianópolis, con il Maestro Jeferson Della Rocca, con il quale ho eseguito 9 concerti dell'Opera Carmen di Georges Bizet.

Suono ritmi e timbri diversi con il trio di musica strumentale “Skrotes” - musica contemporanea originale e sperimentale - con più di 300 spettacoli in Brasile e un tour in Inghilterra.

Partecipo al Trio “Curva de Rio Choro Jazz”, gruppo di choro contemporaneo e “Bandão do Choro Xadrez”, samba e Choro.

Ho partecipato con Guinha Ramires e Lumi Instrumental, composizioni e direzione della polistrumentista Guinha Ramires.

Ho accompagnato diversi artisti, cantanti di Samba e vari circoli corali.

 

Sono nato a Florianópolis, Meyembipe o Ilha do Desterro nel 1977, nel quartiere Córrego Grande.

Erano ancora i tempi della “fattoria”, con un carro che consegnava il latte a casa, uccideva i polli da mangiare e osservava tutto l'immaginario della cultura popolare nell'ancora pacifica città di Florianópolis.

La mia ricerca più profonda per il Choro nasce da un'insoddisfazione personale nel realizzare che molti brasiliani da cui provengo portano dalla nascita la cultura del Brasile "colonizzato", pop, rock, musica elettronica, jazz, blues e anche la Bossa Nova, un genere musicale che mescola i ritmi della samba con le strutture armoniche del Jazz.

 

Yamandú Costa dice: “Il Choro è un linguaggio musicale in Brasile molto prima della Bossa Nova. La Bossa Nova è un genere creato, con un pensiero commerciale, per accontentare il mercato nordamericano. Questo è il motivo per cui ha molta influenza sul jazz. E c'è questa cosa più “Soft”, molto più facile da suonare. È molto semplice perché la musica brasiliana è molto più ricca. Bossa Nova è musica brasiliana da suonare per gli stranieri, i principali ritmi originari sono Choro e Samba.

 

Portare l'universo del Choro - movimento musicale nato in Brasile nel XIX secolo - sullo strumento “batteria” - strumento portato in Brasile per la prima volta nel 1917 - è interessante e stimolante.

Qui in Brasile, storicamente, è diffusa la cultura antropofagica, che ridefinisce la forma e da significato ad usi e costumi portati da altri continenti.

Il “pandeiro”, ad esempio, è arrivato in Brasile attraverso i portoghesi, ma la sua probabile origine è araba.

Qui i neri schiavizzati ridefinirono nuovi standard e modi di suonare, come l'accordatura, e il modo di tenere, tecnica per utilizzarla nelle loro feste popolari.

Oggi il “pandeiro” è simbolo nazionale!

Proprio come il cavaquinho, il bandolim (mandolino) arrivò nella valigia dei colonizzatori portoghesi e assunse un accento locale, essendo ampiamente utilizzato nelle “serestas”, nei valzer e ovviamente nella musica portoghese, soprattutto nel fado.

Oggi strumento di fondamentale importanza nell'ambito Choro.

 

Da 10 anni cerco di portare sulla batteria il linguaggio del Choro, tradizionalmente suonato con il pandeiro in pelle naturale.

Tutto è iniziato con la mia collezione di dischi in vinile, una collezione da discoteca, che conservo da quando avevo 7 anni, e che oggi conta circa mille unità.

Nel 1996 andai a San Paolo, per un festival rock chiamato “Monsters Of Rock”, cosa rara all'epoca dato che i gruppi internazionali non venivano molto spesso. Dopo un lungo viaggio a San Paolo, nel pomeriggio, sono andato alla Galeria do Rock, in un negozio di musica chiamato “Baratos Afins”, fondato da Luiz Calanca nel centro di San Paolo, nel 1978. Il negozio è ancora operativo.

Lì ho iniziato a guardare i dischi, sono rimasto molto colpito! Perché sull’isola di Florianópolis, soprattutto in questo periodo, non avevamo accesso ad alcuni veicoli che diffondono la cultura, come negozi di questo tipo.

Ho iniziato a parlare con la persona accanto a me, dicendo che avevo bisogno di espandere il mio linguaggio musicale, uscire un po' dal Rock.

Quindi ho selezionato circa 7 album di artisti della batteria come Art Blakey, Max Roach e...

Luciano Perrone, con la sua “Batucada Fantástica“, dischi che ho e ascolto ancora oggi.

Quest'ultimo ha attirato la mia attenzione proprio perché ha portato la batucada brasiliana alla batteria nordamericana.

Ho detto al ragazzo accanto a me che mi sarebbe piaciuto davvero comprare gli LP, ma i soldi erano pochi.

Ha chiesto: "Quanto hai lì?"

Avevo il 21% dell’importo totale e lui ha detto: “Affare fatto!”

Ho spalancato gli occhi e ho scoperto che l'uomo accanto a me era Luiz Calanca in persona, il famoso proprietario del negozio.

È stata una svolta importante nella mia carriera!

 

Raffaello Rabello afferma:

“Il segmento della prima dinastia della musica brasiliana, dei neo nazionalisti contemporanei, è iniziato con Vila Lobos, Radamés Gnatali e Tom Jobim”.

 

È stato attraverso questo album “Batucada Fantástica” di Luciano Perrone del 1963 che ho avuto un'esperienza incredibile con un altro grande maestro della musica brasiliana: Oscar Bolão.

Batterista e percussionista specializzato in generi musicali brasiliani, più specificamente musica di Rio de Janeiro.

Professore alla “Escola Portátil de Música” e autore del libro "Batuque É Um Privilégio".

Nel 2008, in una lezione privata, commentò qualcosa di molto bello, Bolão mi disse:

“Quando ero assistente di Luciano Perrone, una volta avevo sistemato la sua batteria in un teatro, mi emozionavo, suonavo ad occhi chiusi. Quando li ho aperti, eccolo lì di fronte a me con un'espressione seria sul viso. Mi disse:“Questo suono non è bello! Questo è il MIO SUONO, cerca il TUO!”

Disse il maestro, all'allora aspirante, riferendosi al modo di suonare, molto simile al suo.

 

Luciano Perrone ha detto:

"Non mi sono mai preoccupato di imitare Gene Krupa perché quello che mi interessava era il batuque del samba."

 

Da lì in poi ho iniziato ad approfondire il linguaggio del Choro, in primo nel pandeiro.

Ho potuto trascorrere 10 giorni studiando con il grande Maestro Jorginho do Pandeiro del Grupo Época de Ouro nel 2000 in un workshop tenuto dal municipio di Florianópolis.

È stata senza dubbio una pietra miliare per l'emergere e il miglioramento del pandeiro sull'isola.

Soprattutto perché Jorginho ha iniziato ad utilizzare i pandeiros di un grande amico liutaio, Fabiano Rapoza. Successivamente Fabiano ottenne il riconoscimento internazionale con la sua marca di pandeiros.

Conservo ancora uno dei primi pandeiros realizzati da Fabiano.

Qualche anno dopo ho partecipato per 5 anni alla “Orchestra de Choro Campeche”, diretta dal mandolinista Geraldo Vargas nel formato “Percuteria”.

 

Nello spazio in cui stavamo provando, attraverso l'Orchestra del Coro, Geraldo ha tenuto un seminario di percussioni e batteria brasiliane nel settembre 2018 con Bolão e...

...la riunione è stata decisiva.

In questi giorni ho potuto avvicinarmi al maestro, come assistente al corso, sistemando la mia batteria e aiutandolo per tutto ciò che era necessario.

È stato proprio in questo periodo che ho deciso di approfondire ancora di più il Choro e iniziare a sviluppare tecniche ispirate alla musicalità che ho sentito nei dischi di Radamés Gnatali, Luciano Perrone, Edgard Rocca (Bituca) e con forti influenze di Mestre Bolão.

Mestre Bolão è morto durante la pandemia del Corona Virus, il 16 febbraio 2022.

L'Orquestra de Choro Campeche, gruppo che esiste ancora oggi, porta con sé caratteristiche che mi ricordano i tempi in cui suonava nelle orchestre di musica classica, con partiture, rivisitazioni e interpretazioni fedeli e basate sulle opere corali originali.

 

Allo stesso tempo, frequento i “Rodas de Choro da Cidade”, principalmente il “Choro Xadrez”, creato dal polistrumentista Álvaro Falsane, che si tiene ogni tutte i mercoledì dal 2011, nel quartiere in cui abito.

Questa “Roda de Choro” porta un linguaggio più popolare e rilassato ed è aperta a musicisti che conoscono il genero e vogliono partecipare.

Spesso partecipano artisti di passaggio per la città.

Lì ho potuto sperimentare la “Brincadeira de Roda” (gioco di circolo), rispettando il modo in cui vengono presentati i classici del Choro, richiede conoscenza e riflessi intuitivi per suonare, senza necessariamente fare affidamento sulle partiture dell'Orchestra.

 

Questo linguaggio si sviluppa conoscendo e assorbendo alcune regole del Choro.

La forma più tradizionale è “Rondó”, quando la musica ha una parte principale e diverse parti contrastanti. “Rondó” è la forma musicale in cui abbiamo una parte principale “A” che si ripete, alternandosi con altre parti “B” e “C”.

Normalmente in questo caso viene spiegato il tema e poi segue la forma della musica, con improvvisazioni in cui i solisti si alternano nell'esecuzione delle parti, spesso artisti che arrivano per la prima volta nel circolo.

 

L'origine del Choro è molto interessante ed è simile ad altre culture nate nel Brasile colonizzato, dove culture diverse come quella africana, europea e indigena si mescolano, formando qualcosa di nuovo e rafforzando la concezione e i concetti del "fare", in riunioni solo per giocare e ballare.

Qualcosa di nuovo proveniente dal Brasile africano, ricco di ritmi ed equilibri, si unisce a qualcosa di antico proveniente dalle culture europee, come i balli da sala della polka, e teorie e notazioni musicali, provenienti dalle partiture di Orchestre Sinfoniche e Bande Militari.

La cultura brasiliana porta con sé le caratteristiche di un mondo nuovo, dove la mescolanza e il sincretismo sono presenti nella vita di tutti i giorni.

Nella religiosità, ad esempio, l'Umbanda e il Santo Daime, che mescolano la religione cattolica e il candomblé africano, si fondono con le culture dei popoli originari, nelle festività della cultura popolare di ogni regione del Brasile.

Nel caso del Choro la commistione è avvenuta con la musica popolare e quella classica.

C'è chi dice che la nascita del Choro sia avvenuta circa 130 anni fa, intorno al XIX secolo, a Rio de Janeiro, che all'epoca era la capitale del Brasile.

Rapporto diretto con i balli lisci, europei e con la musica popolare portoghese.

A quel tempo, le polke erano le canzoni più popolari in Brasile.

Tuttavia, gran parte delle origini del Choro provengono anche dai quartieri urbani, tipici del Brasile, dai bar e dai cortili delle periferie, oggi favelas.

Poi, la cultura del ballo liscio cominciò a brasilizzarsi, trasformandosi in qualcosa di genuino.

 

I Chorões erano musicisti che si riunivano in piccoli gruppi, all'epoca delle grandi Orchestre, per suonare musiche europee e africane.

Col tempo le composizioni si adattarono a gruppi di formazione ridotta e smisero di essere un gruppo per diventare un genere.

Dicono che poiché gli artisti suonavano canzoni emozionanti e piene di lacrime, è nato il nome Choro.

Conosco musicisti più anziani qui sull'isola di Florianópolis che sono irritati dal soprannome “Chorinho”, perché sembra sminuire una cultura così coerente e importante per la storia dell'identità nazionale.

All'inizio gli strumenti utilizzati per suonare il Choro provenivano dalla sezione degli ottoni delle Orchestre, come il trombone e il bombardino. Il clarinetto ha assunto il ruolo di solista.

Successivamente il flauto sostituì gradualmente il clarinetto, assumendo il ruolo di solista.

E così, successivamente, la strumentazione è migrata verso strumenti diversi, come gli archi: una chitarra a 6 corde che forma il centro, sostituendo il trombone; la chitarra a 7 corde che suona i bassi e i controcanti, sostituendo il bombardino.

Successivamente furono incorporati cavaquinho e mandolino.

Nelle percussioni: pandeiro, tambourim, blocchi sonori, reco-reco.

Oggi, quando musicisti e appassionati di Choro si riuniscono per suonare, chiamiamo questo incontro “Roda de Choro”.

 

Nel cortile più famoso della storia, quello di “Tia Ciata”, cuoca baiana e “mãe de santo” (madre di santo – leader religiosa del Candomblé) situata alla Città Nuova, nel centro di Rio de Janeiro, intorno al 1916 si svolsero numerosi “Rodas de Choro”.

Le Baianas posizionarono gruppi Choro agli ingressi delle case per mascherare le pattuglie della polizia, che proibiva manifestazioni di cultura afro.

Davanti risuonava la musica del Choro e, sul retro dei cortili, si svolgevano gli incontri di samba de roda e il culto degli orixás.

Fu a casa di Tia Ciata che nel 1916 apparve il primo samba di successo, ancora suonato, “Pelo Telephone”.

Pelo Telephone è scritta da Donga e Mauro de Almeida, ma gli studiosi sostengono che la canzone sia stata creata collettivamente durante una delle feste di Tia Ciata. Donga, Pixinguinha e João da Baiana erano sicuramente presenti.

Qualcosa che attira la mia attenzione nella storia del Choro è l'idea ricorrente che si tratti di un'attività secondaria, è comune nella storia del genere Choro essere dipendenti pubblici che svolgevano altre attività.

 

Il Choro può essere considerato la prima musica del Brasile postcoloniale: prima ovviamente esistevano già le culture dei popoli originari.

Il Choro può essere riconosciuto in momenti diversi:

 

SEC XIX: Il Maestro Henrique Alves de Mesquita, Joaquim Callado, Anacleto de Medeiros, Irineu de Almeida, Chiquinha Gonzaga, Ernesto Nazareth, Zequinha de Abreu e il maestro Anacleto de Medeiros sono i principali rappresentanti di queste prime generazioni.

 

SEC XX: 1923, Pixinguinha fu la prima a mescolare le percussioni con le orchestre classiche. Donga, João da Baiana e Garoto (Anibal Augusto Sardinha). Tute (Arthur de Souza Nascimento) ha introdotto la chitarra a 7 corde. Ademilde Fonseca è stata una cantante considerata la massima interprete dello Choro.

 

SEC XX: 1960, con Jacob do Bandolim, Waldir Azevedo, Paulinho da Viola, Il choro si arricchisce e guadagna popolarità.

 

SEC XXI: Oggi il Choro viene ancora suonato con strumenti tradizionali e anche con strumenti nuovi come il basso, la chitarra elettrica e la batteria. Gruppi di giovani, nati nel XX secolo. XXI, pubblicano video che realizzano Choro di alta qualità e dimostrano che questa musica secolare è pronta a vivere nuovi secoli.


Testo di Guilherme Ledoux,

Traduzione di Aldo Bicelli e Marcelo Sola

 

mercoledì 17 maggio 2023

LIBERA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL SAMBA DI BRESCIA


                                                  statuto accademico

 

La Libera Università degli Studi del Samba di Brescia è collettiva, è sociale, è umana, è arte ed essendo arte è libera. E l’arte, essendo libera, non ammette censura.

Essendo arte libera non vede nessun confine tra le arti. Così la Libera Università degli Studi del Samba di Brescia è letteratura, è musica, è teatro, è poesia, è gastronomia, è arte. Un esperimento utopico psico-socio-somatico interattivo ed educativo, reale e surreale.

La Libera Università degli Studi del Samba di Brescia non offre open days, ma open years, perché non può aprire le sue porte alla comunità per un solo giorno. La nostra università è aperta sempre, tutto l’anno, a tutti, perché pensiamo che un’università che non è sempre aperta non abbia ragione di esistere. All’Università degli Studi del Samba di Brescia ogni anno è sambatico.

Il nome della Libera Università degli Studi del Samba di Brescia è semanticamente ambiguo: la Libera Università di Brescia studia il Samba di qualche altro posto? O la Libera Università che si trova a Brescia studia il Samba bresciano?? Nel dubbio, manteniamo l’ambiguità, così l’Università può trovarsi a Brescia o dovunque si voglia studiare il samba di Brescia o di altrove, anche del Brasile...

La parola Libera, per imposizione, si referisce a tutte le altre parole del nome: l’Università è libera, gli Studi sono Liberi, il Samba è Libero e Brescia è Libera.

La Laurea della Libera Università degli Studi del Samba di Brescia è conseguita durante la prima lezione presenziale, quando il samba si fa già presente e vivo. Una persona laureata viene comunemente considerata come una persona che ha imparato molte cose e molto bene, che è in grado di fare ricerca ed è maggiormente capace di capire il mondo. Se è vero che una Laurea rende la persona più capace, pensante e intelligente, allora la LUSSBRE proclama i suoi studenti “laureati” già dal primo giorno: da allora in avanti la persona avrà certamente maggior rendimento lungo il suo percorso di studi sambistici.

Nella Libera Università degli Studi del Samba di Brescia si racconta, ma non si conta, siamo numerosi ma non si enumera, perché non esistono numeri. Non c’è numero di matricola, numero di identità, numero di codice fiscale e numero del numero. Non esiste burocrazia. Non esiste un ufficio amministrativo. All’Università del Samba si pensa che la burocrazia sia il grande male delle istituzioni. Non esiste una tesoreria, una cassa o un erario, anche perché non esistono i soldi. Nella Libera Università degli Studi del Samba di Brescia tutto è gratis, perché crediamo che in una società civile evoluta trasporti, sanità ed educazione debbano essere gratuiti. Non si vendono informazioni, si condividono culture e conoscenze.

L’unica cosa che conta è il ritmo. Il ritmo e non il tempo. La Libera Università degli Studi del Samba di Brescia ha stabilito, ebbene sì, qualche basilare regola di condotta:

Bisogna sempre presentarsi al samba con il sorriso nell’anima.

Bisogna avere ginga, balanço, cadencia, rebolado, molejo e jogo de cintura.

Non si può “atravessar o samba”, “pisar na bola” e “queimar o filme”.

Il tempo non è quattro, è due, ma nella verità è solo uno, perché è solo i “due”. L’ “uno” c’è, ma non c’è. L’ “uno” è sordo, mentre il surdo è nel “due”. Ma il due, “i due!”, non è bene il due. È una minuscola (“e maledetta!”) sincope. C’è un piccolo ritardino, un rallentino nel “due”. Un sgambettino.

Il curriculum rispetta il metodo CCC – Curriculum Contrarius Cronogicum. Secondo il suddetto metodo, non conta ciò che la persona ha fatto, ha studiato, né da dove venga, da chi discenda o di chi sia figlia, né altre informazioni appartenenti al passato. Il curriculum della nostra università guarda in avanti. Conta ciò che la persona ha in cuore di fare, ciò che desidera essere. Viviamo il presente e guardiamo il futuro, siamo l’avanguardia futuristica neo contemporanea del nuovo.

Infine, ma non per finire – perché questa università è sempre all’inizio, rivolta verso il samba che è eterno – la Libera Università degli Studi del Samba di Brescia è una università orizzontale e non verticale. Non esistono gerarchie, né gradi, né autorità né potere. Non esiste superiorità. Nessuno è capo di nessuno. Adottiamo il sistema politico della “Dittatura Anarchica”. Dittatura perché il Rettore obbliga tutti a essere diversamente uguali, ugualmente diversi e necessariamente felici.  Anarchica perché il Rettore obbliga ciascuno a essere libero di scegliere il proprio destino. Ciascuno è allo stesso tempo rettore, professore, studente e bidello. Quando un professore tiene una lezione, lui stesso è chiamato ad imparare allo stesso tempo. Se un professore guarda i suoi studenti con superiorità, mai riuscirà a trasmettere i suoi insegnamenti con autenticità.

 

Libero Statuto Accademico ideato e redatto dal Rettore e Magnifico Vettore Marcelo Sola, ornato e disambiguato dalla scordinatrice del dipartimento di Scienze Confuse Sabina Samba. Logo ideato e illustrato dalla pulitrice di maniglie del dipartimento di grafica Chiara Abastanotti.


lunedì 10 aprile 2023

Se ela quisesse


 BréSamba


Se ela quisesse

(Vinícius de Moraes e Toquinho)

 

Se ela tivesse

A coragem de morrer de amor

Se não soubesse

Que a paixão traz sempre muita dor

 

Se ela me desse

Toda devoção da vida

Num só instante

Sem momento de partida

 

Pudesse ela me dizer

O que eu preciso ouvir

Que o tempo insiste

Porque existe um tempo que há de vir

 

Se ela quisesse, se tivesse essa certeza

De repente, que beleza

Ter a vida assim ao seu dispor

 

Ela veria, saberia que doçura

Que delícia, que loucura

Como é lindo se morrer de amor

 

La voglia e la pazzia

 

A questo punto

Stiamo tanto bene io e te

Che non ha senso

Tirar fuori i come ed i perché.

 

Cerchiamo insieme

Tutto il bello della vita

In un momento

Che non scappi tra le dita.

 

E dimmi ancora

Tutto quello che mi aspetto già

Che il tempo insiste

Perché esiste il tempo che verrà.

 

A questo punto buonanotte all'incertezza

Ai problemi all'amarezza

Sento il carnevale entrare in me.

 

E sento crescere la voglia, la pazzia

L'incoscienza e l'allegria

Di morir d'amore insieme a te

 

Vinícius de Moraes scrisse nel 1954 la sua opera Orfeu da Conceição, basata sul dramma di Orfeo ed Euridice della mitologia greca. Due anni dopo, nel 1956, Tom Jobim, con l’aiuto del chitarrista Luiz Bonfá compose le musiche. L’opera debuttò il 25 settembre al Teatro Municipal do Rio de Janeiro, con scenografie di Oscar Niemeyer.  In quel momento ha inizio la carriera musicale di Vinícius de Moraes e una delle “parcerias” (1) che diventerà famosa in tutto il mondo e sarà la più fertile della Bossa Nova.

Nel 1966, Vinícius lascia da parte per un po’ la Bossa Nova e con un nuovo “parceiro”, Baden Powell (2), scrive gli Afro-Sambas, mescolando il Samba con i ritmi del Candomblé. Anche la “parceria” di Vinícius con Baden Powell fu molto produttiva.

Vinícius, la cui origine artistica sta nella poesia, ha sempre preferito comporre con un “parceiro” a cui affidare la musica, mentre lui era più esperto nel testo. La divisione della composizione con un amico è una cosa molto comune nella musica brasiliana. Condividere la creazione e anche il successo, quando arriva, è una gioia e un elemento che consolida l’amicizia. Tra gli innumerevoli “parceiros” di Vinícius de Moraes troviamo Chico Buarque, Carlos Lyra, João Gilberto, Dorival Caymmi, Francis Hime e, in Italia, Sergio Endrigo, Sergio Bardotti, Ruggero Jacobbi e il poeta Giuseppe Ungaretti, che conobbe Vinícius de Moraes nel '37, durante il suo soggiorno in Brasile per insegnare lingua e letteratura italiana all’Università di São Paulo. Forse da questa condivisione nel fare arte, musica e produrre cultura venne la sua famosa frase: “La vita, amico, è l’arte dell’incontro.”

Sempre nel 1966, all’età di 56 anni, Vinícius conobbe un ragazzo di 20 anni di nome Antonio Pecci Filho, che suonava la chitarra con un ritmo e una sensibilità gigantesca per la sua età. Questo ragazzo, conosciuto più per il suo soprannome, Toquinho, diventerà la “parceria” più duratura della carriera musicale di Vinícius. Toquinho gli sarà “parceiro” fino alla morte, avvenuta il 9 luglio 1980. Questa “parceria”, in cui la differenza di 36 anni non fu mai un problema, era chiamata “O poeta e o violão” (3) e solo negli anni ‘70 sfornò circa venti album. Uno di questi, dal semplice titolo “Vinícius / Toquinho”, del 1975, conteneva la canzone “Se ela quisesse”, brano che non ebbe grande successo in Brasile. In questo album, la canzone che veniva trasmessa di più in radio e che è rimasta nella memoria dei brasiliani era “Onde anda voce”. “Se ela quisesse”, come diremo più avanti, diverrà conosciuta nella sua versione in italiano “La voglia e la pazzia”. Si tratta probabilmente dell’unico brano di cui la versione italiana è molto più conosciuta di quella brasiliana.



         Vinícius e Toquinho chiamavano sempre una cantante per i concerti dal vivo, così la forma “O poeta e o violão” si trasformò in “O poeta, a moça e o violão” (4). Alcune di queste registrazioni dal vivo divennero poi album classici della musica popolare brasiliana: “Vinícius de Moraes en "La Fusa" con Maria Creuza y Toquinho” (Buenos Aires - 1970), “Vinícius + Bethania + Toquinho en La Fusa” (Mar Del Plata – 1971), “Poeta, Moça e Violão” - Vinícius, Clara Nunes, Toquinho (1971), “Tom, Vinícius, Toquinho, Miúcha” (1977). Ancora oggi nei concerti di Toquinho c’è una “moça” che interpreta le sue canzoni famose.


A causa delle tempeste politiche del Brasile della fine degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta, Vinícius de Moraes e Toquinho frequentarono molto l’Italia, dove furono protagonisti di diverse apparizioni televisive e incisero tre album: “La vita, amico, è l'arte dell'incontro” (1969 – con Sergio Endrigo), “Per vivere un grande amore” (1974) e “La voglia, la pazzia, l'incoscienza, l'allegria” (1976). In questo ultimo, il più conosciuto, la “moça” invitata a cantare con loro era Ornella Vanoni. Oltre alle composizioni di Vinícius e Toquinho sono presenti brani di Tom Jobim e Chico Buarque de Hollanda. Divenne presto un classico raggiungendo il sesto posto nella classifica dei dischi più venduti. Il disco fu inciso in presa diretta. I cori e le parti orchestrali, con gli arrangiamenti di Gianfranco Lombardi, vennero sovrapposti in un secondo momento. Si presenta come un'opera segnata da un filo conduttore unico, un album dove spesso non vi è pausa né termine tra un pezzo e l'altro, ma sembrano quasi la continuazione l’uno dell’altro.

 

(1) la parola “parceria” potrebbe essere tradotta come associazione o collaborazione, mentre “parceiro” come compagno, collaboratore o collega di composizione; il termine portoghese porta con sé una semantica affettuosa e di complicità tipica di compositori e artisti brasiliani, per questo manteniamo la forma originaria.

(2) Non si tratta di R. Baden-Powell, militare britannico fondatore dello scoutismo, bensì del compositore brasiliano Baden Powell de Aquino.

(3) Il Violão è un tipo di chitarra che può ricordare quella classica; si tratta di uno strumento estremamente popolare in Brasile.

(4) “Il poeta, la ragazza e il violão.”


Testo scritto da Marcelo Sola e Sabina Samba


domenica 5 febbraio 2023

Mas que nada




Mas que nada

(Jorge Ben)

 

Mas que nada

Sai da minha frente, eu quero passar

Pois o samba está animado

O que eu quero e sambar

 

Este samba

Que é misto de maracatu

E samba de preto velho

Samba de preto tu

 

Mas que nada

Um samba como este tão legal

Você não vai querer

Que eu chegue no final

 

Traduzione

 

“Mas que nada” (1)

 

ma dai

Togliti di mezzo, voglio passare

Perché il samba è rallegrato

Quello che voglio è sambare

 

questa samba

Che è un misto di maracatu

é samba di nero vecchio

samba di nero tu

 

ma dai

Un samba come questo così fantastico

Non vorrai

Che io possa arrivare alla fine

 


La musica è un linguaggio profondamente universale. Ma, oltre a questa universalità, ha anche la capacità di connetterci con l'energia e la cultura di chi la interpreta. Forse è da qui che nasce il clamoroso successo mondiale di “Mas, que nada”, una canzone composta, suonata e cantata da Jorge Ben, nel 1962, che ha aperto le porte al passaggio della gioia e della ginga della cultura brasiliana.

Io, brasiliano, sono stato lontano dal Brasile da bambino, per circa due anni. “All'estero”, la mia famiglia era alla ricerca di modi per continuare la loro brasilianità, rafforzando i legami con altri brasiliani e andando in posti che potessero avere un “sapore di Brasile”. Residenti nella città di Asunción (Paraguay), abbiamo scoperto la “Churrascaria Brasileira”, dove, tutta la domenica, un gruppo suonava musica tradizionale del mio paese, soprattutto il samba. Fu così che, all'età di nove anni, ebbi il mio primo contatto con “Mas, que nada!”, di cui VHS mostrano quel ragazzo accanto alla band, attento a tutto nella musica e che batte timidamente il piede durante gli spettacoli,  innamorato dell'energia della band e del Brasile.

Solo molto tempo dopo ho capito l'importanza di Jorge Duílio Lima Menezes, Jorge Ben, per la musica brasiliana. (Jorge Ben nel 1963: il musicista assumerà in seguito il nome d'arte di Jorge Benjor, e, successivamente, Jorge Ben Jor. Alcuni ipotizzano che il cambiamento possa essere avvenuto per la numerologia del nome, ma molto probabilmente fu per evitare qualsiasi confusione con il nome di George Benson, chitarrista e cantante jazz nero statunitense, anche lui all'inizio della sua carriera all'epoca.)

"Mas que nada" è stato il primo singolo registrato e il primo successo della lunga carriera di Jorge Ben, carioca, flamenguista e astemio. Nero, figlio di padre bianco e madre nera (il cui nonno materno veniva dall'Etiopia), era cresciuto ascoltando dischi di rock 'n' roll, soprattutto di Chuck Berry. Da adulto, Jorge Ben iniziò a farsi conoscere nel quartiere di Copacabana, quando suonava la chitarra e cantava nel leggendario “Beco das Garrafas” – una stradina dove i bar con musica dal vivo raccoglievano un pubblico desideroso di bossa nova. Fu durante quelle notti che Jorge Ben conobbe a fondo questo stile (lo stesso di Vinícius de Moraes, Tom Jobim e João Gilberto) e anche il samba-jazz (di Wilson Simonal e Sérgio Mendes).

"Mas che nada" fu pubblicato su disco nell'agosto del 1963, quando il suo compositore aveva 24 anni. Il brano di Jorge Ben assorbì elementi dell'Afropop degli Stati Uniti dell'epoca (come le note cantate in falsetto e il ritmo ritmato della chitarra) e si mescolò a batteria, contrabbasso acustico e trombone, che richiamavano arrangiamenti di bossa nova e samba- jazz. Tuttavia, il suo "samba swingado" è più ballabile e popolare di quello che si conosceva all'epoca. Lo stesso Jorge Ben disse all'inizio della sua carriera che, se ci fosse un nome per il ritmo delle sue canzoni, sarebbe “sacundin sacunden” (2), che poi sarebbe stato ribattezzato “sambalanço” (3). A proposito di questo neonato stile musicale, il giornalista e ricercatore musicale Ricardo Alexandre attesta che, “in assenza di inventare un'etichetta, e in assenza di qualcuno che facesse un suono del genere, il primo LP di Jorge Ben si intitolava Samba Esquema Novo” – album che vendette 100.000 copie nei primi due mesi, qualcosa di ammirevole per l'epoca.

Il testo di "Mas, que nada!" sottolinea questo nuovo volto della musica in Brasile e parla di come aprire percorsi per consolidarsi ("togliti di mezzo, voglio passare"). Dice anche che "questo samba, che è un misto di maracatu, / è samba di nero vecchio / samba nero, tu", attestando la sua origine razziale nera, in un ambiente segnato dalla musica bianca, in particolare la bossa nova. Anche il ritornello della canzone rende omaggio all'entità Obá (4), recitata tre volte. Oltre alla conoscenza culturale-religiosa, il coro di Jorge Ben è responsabile di un suono universale, facendo cantare all'unisono persone di lingue e culture diverse.

Fu nello stesso anno, il 1963, che Sérgio Mendes, un prominete pianista e arrangiatore di 22 anni, dello stesso Beco das Garrafas di Rio de Janeiro, ascoltò la musica di Jorge Ben e rimase incantato. Lui, che aveva già avuto l'esperienza di esibirsi con altri musicisti brasiliani alla Carnegie Hall di New York, invitò Jorge Ben a suonare la chitarra e cantare nella sua big band per un tour in Nord America. Questi concerti si sono svolti nel corso di un anno e hanno ampliato il gusto internazionale per la musica brasiliana. A causa delle situazioni di razzismo vissute da Jorge Ben in “América”, terminato il contratto del tour, ha deciso di tornare definitivamente nel suo paese. Il riconoscimento di "Mas, que nada!" nel mondo fece un salto ancora più grande quando, nel 1966, Sérgio Mendes registrò nuovamente la canzone con il suo gruppo di allora, Brasil '66, vendendo 500.000 copie ed entrando nella top 10 negli Stati Uniti e al numero 2 della classifica jazz di Billboard.

Secondo il cantante e compositore Lenine, Jorge Ben era un solitario nella colonna sonora. Pur muovendosi tra movimenti diversi, avendo partecipato a samba, maracatu, Tropicália (di Caetano Veloso, Gilberto Gil, Os Mutantes e tanti altri nomi fondamentali della musica brasiliana), è stato soprattutto un artista distaccato dai gruppi, seguendo la propria strada. Questo percorso è stato aperto prima del programma televisivo Jovem Guarda, Tropicália e dei Festival di musica popolare brasiliana (quando il termine MPB – Musica Populare Brasiliana è stato usato per la prima volta, nel 1965). Ecco perché una parte dei critici musicali brasiliani afferma che Jorge Ben è stato “il primo compositore di MPB”, anche prima che il concetto avesse un nome.

Sono pochi i musicisti al mondo che, dal primo album uscito, sono riusciti, come Jorge Ben, a diventare compositori internazionali, facendo interpretare brani da decine di artisti in vari stili, provenienti dagli Stati Uniti all'Italia, passando per il Paraguay. Come mi disse una volta il musicista e produttore culturale Marcelo Sola, “Mas, que nada è quasi un ambasciatore della musica brasiliana, della cultura brasiliana nel mondo; è come Pelé!”

È impressionante quanto la cultura del Brasile sia segnata in tutto il mondo dalla sua allegra energia, dalla sua forza e dalla sua ginga – il suo sambalanço!

 

1 - Il titolo è un'espressione del portoghese brasiliano ed assume vari significati a seconda del contesto, fra i quali "ma dai", "ma certo" o "figurati".

2 - gioco linguistico con il verbo portoghese “sacudir”, che significa far dondolare il corpo da una parte all'altra, in forte agitazione; questa espressione è usata dal cantante in alcune sue canzoni. 

3 - altro neologismo anch'esso molto diffuso, in cui samba è accostato alla parola balanço, che significa altalena o oscillazione.

4 - Nelle religioni di origine africana, Obá è la terza e più antica donna dell'orixá Xangô. Secondo la leggenda dei popoli di lingua yoruba, questa donna guerriera e coraggiosa finì per essere personificata nel fiume Obá (in Nigeria).


Texto scritto da Raphael Aguirra de Andrade, tradoto da Marcelo Sola e Barbarella Happy

sabato 23 aprile 2022

LIBRO: STORIE E LEGGENDE DEI SAMBA

isbn: 979-12-80148-05-6
         

            In un mercoledì sera della primavera del 2017, la batteria della scuola di samba bresciana Legau da Metro era pronta per cominciare la sua prova. Il pezzo che stavano per suonare era “Liberdade, liberdade, abre as asas sobre nos” della Escola de Samba Imperatriz Leopoldinense. Il mestre Efo, Stefano Capuzzi, direttore della batteria, mi chiese di raccontare ai ritmisti della batteria di cosa parlasse il testo della canzone. Con l’italiano di un immigrato arrivato in Italia da solo un anno, raccontai un po’ della storia della proclamazione della Repubblica Brasiliana e cosa fosse un samba-enredo. Francesco Scuderi, che suonava la caixa nei Legau, mi suggerì di mettere questa storia per iscritto. Risposi che lo avrei fatto con piacere, ma il mio italiano era pessimo ed era necessario che qualcuno lo controllasse. Barbarella Happi, che suonava il surdo nei Legau, si offrì  per la revisione. Così nacque il primo testo.

Nella stessa sera Sara Trementini, che suonava l’agogô nei Legau, mi raccontò una sua storia. Mi disse che si stava laureando in canto jazz al conservatorio di Milano e la sua tesi di Laurea era su Joao Bosco. Mi chiese se avessi potuto aiutarla a comprendere i testi. Ora la sfida si faceva ancora più grande. I testi delle canzoni di Joao Bosco, scritti da Aldir Blanc, sono estremamente complessi, perché mescolano una fine poetica con sfumature dei fatti politici del paese, quindi legati all’epoca in cui furono scritti. O Bêbado e a equilibrista era una delle canzoni. Così è nato il secondo testo.

Ma una curiosità mi sorse: come mai questa ragazza bagnolese conosceva Joao Bosco? Sara Trementini mi rispose che le avevano regalato un CD di Elis Regina registrato dal vivo in Montreux ed era diventata loro fan. Adesso erano due le cose insieme: una ragazza che conosce ed è fan del meglio della musica brasiliana, e che inoltre si stava laureando in canto. Subito chiesi se potessimo provare a suonare queste canzoni. Violão e voz. Per mia fortuna lei rispose di sì. Così nacque la nostra amicizia e la nostra collaborazione, dalla quale sono nati i video per il blog e il gruppo musicale chiamato BrèSamba.

Nel corso di questi quattro anni, sono aumentati i testi e i musicisti di BrèSamba. La scelta dei brani arriva un po’ a caso, senza molta logica. A volte è il testo di una musica che ispira la registrazione di un video, altre volte ancora è la registrazione di un video a ispirare il testo. E ogni volta sempre più amici hanno preso parte al progetto. Tra questi c’era Sabina Samba, arrivata a Brescia per... amore. Fortunato Giacomo, che suonava la caixa nei Legau, ma fortunati anche noi del BrèSamba e del blog Storie e Leggende dei Samba, perché Sabina ha deciso di suonare nel gruppo e collaborare con noi per i testi e le traduzioni.

Con la lentezza che richiede la lettura di uno scritto e la velocità di internet, i testi del blog sono giunti in Brasile. Così è nata un’altra peculiarità di questo libro: alcuni contributi, i cui originali in portoghese si trovano in appendice, sono stati composti da scrittori brasiliani e da noi tradotti. Otto autori in tutto: Wellington Wella, Sérgio Degrande, Cristhiano Lelé, Pedro Mariano, Anderson Borges Costa, Fernando B. Delmonte, Luciana Worms e Joao Alexandre, tutti di grande capacità letteraria e grandi esperti della musica brasiliana, che hanno arricchito questo progetto, aggiungendo eterogeneità e spessore.

Alla fine, un semplice gioco tra amici è cresciuto ed è diventato questo progetto senza sapere che sarebbe diventato un libro. Adesso, finito e pubblicato, quest’opera mostra come è forte il lavoro di gruppo. Oppure, come ricorda l’amico Camillo Scaglia parafrasando Vinicius de Moraes: “La vita, amico, è l’arte dell’incontro”.


Marcelo Sola



Avevo più o meno dieci anni quando ho incontrato il Brasile. Era l’Arca di Vinícius de Moraes, la voce quella di Sergio Endrigo. E subito dopo, più o meno la stessa età, ho scoperto Mina e Ornella Vanoni cantare il Brasile. Per dirla con Fabio Concato, “non capivo che lingua parlasse, ma mi era simpatica”. In realtà era qualcosa di più, era pura magia.

Avrei scoperto presto che si trattava di amore come di politica, di identità e cultura, di protesta e poesia, che nella più sfrenata allegria si nascondeva una profonda tristezza (per favore vai via).

Avrei scoperto che quella musica, quella cultura è il frutto di mille culture, incontro di genti, incrocio di pensiero e fusione di voci, tutte diverse e pronte ad ascoltarsi. Che la parola più cantata non è amor, carnaval o saudade ma “janela”, una finestra sempre aperta sul mondo e sugli altri, perché “la vita, amico, è l’arte dell’incontro” (grazie Vinícius).

In questo lavoro troverete due lingue che si cercano e si abbracciano, e la voglia e la pazzia di raccontarle quelle lingue, attraversarle, esplorarle e metterle a confronto, una di fronte all’altra, per capire cos’hanno da dirsi. Due lingue che non hanno misura né mai l’avranno, né vergogna, né giudizio (grazie Chico). Voi ascoltatele, per favore.


Camillo Scaglia