sabato 23 aprile 2022

LIBRO: STORIE E LEGGENDE DEI SAMBA

isbn: 979-12-80148-05-6
         

            In un mercoledì sera della primavera del 2017, la batteria della scuola di samba bresciana Legau da Metro era pronta per cominciare la sua prova. Il pezzo che stavano per suonare era “Liberdade, liberdade, abre as asas sobre nos” della Escola de Samba Imperatriz Leopoldinense. Il mestre Efo, Stefano Capuzzi, direttore della batteria, mi chiese di raccontare ai ritmisti della batteria di cosa parlasse il testo della canzone. Con l’italiano di un immigrato arrivato in Italia da solo un anno, raccontai un po’ della storia della proclamazione della Repubblica Brasiliana e cosa fosse un samba-enredo. Francesco Scuderi, che suonava la caixa nei Legau, mi suggerì di mettere questa storia per iscritto. Risposi che lo avrei fatto con piacere, ma il mio italiano era pessimo ed era necessario che qualcuno lo controllasse. Barbarella Happi, che suonava il surdo nei Legau, si offrì  per la revisione. Così nacque il primo testo.

Nella stessa sera Sara Trementini, che suonava l’agogô nei Legau, mi raccontò una sua storia. Mi disse che si stava laureando in canto jazz al conservatorio di Milano e la sua tesi di Laurea era su Joao Bosco. Mi chiese se avessi potuto aiutarla a comprendere i testi. Ora la sfida si faceva ancora più grande. I testi delle canzoni di Joao Bosco, scritti da Aldir Blanc, sono estremamente complessi, perché mescolano una fine poetica con sfumature dei fatti politici del paese, quindi legati all’epoca in cui furono scritti. O Bêbado e a equilibrista era una delle canzoni. Così è nato il secondo testo.

Ma una curiosità mi sorse: come mai questa ragazza bagnolese conosceva Joao Bosco? Sara Trementini mi rispose che le avevano regalato un CD di Elis Regina registrato dal vivo in Montreux ed era diventata loro fan. Adesso erano due le cose insieme: una ragazza che conosce ed è fan del meglio della musica brasiliana, e che inoltre si stava laureando in canto. Subito chiesi se potessimo provare a suonare queste canzoni. Violão e voz. Per mia fortuna lei rispose di sì. Così nacque la nostra amicizia e la nostra collaborazione, dalla quale sono nati i video per il blog e il gruppo musicale chiamato BrèSamba.

Nel corso di questi quattro anni, sono aumentati i testi e i musicisti di BrèSamba. La scelta dei brani arriva un po’ a caso, senza molta logica. A volte è il testo di una musica che ispira la registrazione di un video, altre volte ancora è la registrazione di un video a ispirare il testo. E ogni volta sempre più amici hanno preso parte al progetto. Tra questi c’era Sabina Samba, arrivata a Brescia per... amore. Fortunato Giacomo, che suonava la caixa nei Legau, ma fortunati anche noi del BrèSamba e del blog Storie e Leggende dei Samba, perché Sabina ha deciso di suonare nel gruppo e collaborare con noi per i testi e le traduzioni.

Con la lentezza che richiede la lettura di uno scritto e la velocità di internet, i testi del blog sono giunti in Brasile. Così è nata un’altra peculiarità di questo libro: alcuni contributi, i cui originali in portoghese si trovano in appendice, sono stati composti da scrittori brasiliani e da noi tradotti. Otto autori in tutto: Wellington Wella, Sérgio Degrande, Cristhiano Lelé, Pedro Mariano, Anderson Borges Costa, Fernando B. Delmonte, Luciana Worms e Joao Alexandre, tutti di grande capacità letteraria e grandi esperti della musica brasiliana, che hanno arricchito questo progetto, aggiungendo eterogeneità e spessore.

Alla fine, un semplice gioco tra amici è cresciuto ed è diventato questo progetto senza sapere che sarebbe diventato un libro. Adesso, finito e pubblicato, quest’opera mostra come è forte il lavoro di gruppo. Oppure, come ricorda l’amico Camillo Scaglia parafrasando Vinicius de Moraes: “La vita, amico, è l’arte dell’incontro”.


Marcelo Sola



Avevo più o meno dieci anni quando ho incontrato il Brasile. Era l’Arca di Vinícius de Moraes, la voce quella di Sergio Endrigo. E subito dopo, più o meno la stessa età, ho scoperto Mina e Ornella Vanoni cantare il Brasile. Per dirla con Fabio Concato, “non capivo che lingua parlasse, ma mi era simpatica”. In realtà era qualcosa di più, era pura magia.

Avrei scoperto presto che si trattava di amore come di politica, di identità e cultura, di protesta e poesia, che nella più sfrenata allegria si nascondeva una profonda tristezza (per favore vai via).

Avrei scoperto che quella musica, quella cultura è il frutto di mille culture, incontro di genti, incrocio di pensiero e fusione di voci, tutte diverse e pronte ad ascoltarsi. Che la parola più cantata non è amor, carnaval o saudade ma “janela”, una finestra sempre aperta sul mondo e sugli altri, perché “la vita, amico, è l’arte dell’incontro” (grazie Vinícius).

In questo lavoro troverete due lingue che si cercano e si abbracciano, e la voglia e la pazzia di raccontarle quelle lingue, attraversarle, esplorarle e metterle a confronto, una di fronte all’altra, per capire cos’hanno da dirsi. Due lingue che non hanno misura né mai l’avranno, né vergogna, né giudizio (grazie Chico). Voi ascoltatele, per favore.


Camillo Scaglia


sabato 5 marzo 2022

Flor de Lis

 


Cesar Moreno - Flor de Lis


Flor di Lis

(Djavan)

 

Valei-me, Deus

É o fim do nosso amor

Perdoa, por favor

Eu sei que o erro aconteceu

Mas não sei o que fez

Tudo mudar de vez

Onde foi que eu errei?

Eu só sei que amei

Que amei, que amei, que amei

 

Será, talvez

Que minha ilusão

Foi dar meu coração

Com toda força

Pra essa moça me fazer feliz

E o destino não quis

Me ver como raiz

De uma flor de lis

E foi assim que eu vi

Nosso amor na poeira, poeira

Morto na beleza fria de Maria

 

E o meu jardim da vida

Ressecou, morreu

Do pé que brotou Maria

Nem margarida nasceu

 

 

Giglio

 

Vale, Dio

È la fine del nostro amore

perdona, per favore

Lo so che è accaduto un errore

Ma non so cosa sia successo

tutto cambia irrimediabilmente

Dove ho sbagliato?

So solo che ho amato

Che ho amato, che ho amato, che ho amato

 

Sarà, forse

Che la mia illusione

È stato dare il mio cuore

con tutte le mie forze

a questa ragazza che mi rende felice

Ma il destino non ha voluto

vedermi come una radice

di un giglio

Ed è così che ho visto

Il nostro amore nella polvere, polvere

Morto nella fredda bellezza di Maria

 

E il mio giardino della vita

è appassito, è morto

Dalla pianta da cui germogliò Maria

non è nata nemmeno margherita

 

Una delle leggende più grande nella storia di Djavan è il brano “Flor de Lis”. Si dice che Djavan compose questa musica per sua figlia Margarida e per sua moglie Maria che sono decedute insieme durante il parto. Il medico chiese a Djavan di scegliere quale delle due volesse salvare. Lui disse che voleva salvare entrambe, ma morirono sia la madre, sia la bambina.

Ma questo è una grande leggenda ed è stata negata diverse volte dallo stesso autore in numerose interviste. È vero che Djavan è stato sposato con Maria Aparecida dos Santos Viana dal 1972 al 1998, ma lei è ancora viva e non hanno perso nessuna figlia. È stata una grande fake news che è girata nel web.

Secondo Djavan, le sue musiche non sono autobiografiche. La musica parla semplicemente di un amore che è finito per un grande errore commesso da una delle parti. Ma è finito e concluso senza molto rancore. Secondo le parole dell’autore:

“Non ho mai avuto un'impressione di tristezza per questa canzone, anche se parla di un grande amore che si è concluso male. È una canzone che racconta una storia, in modo spensierato, e questo è un malinteso [con il ritornello], ma non si compiange. Si sta concludendo la storia d’amore che ha appena raccontato.”

La musica Flor di Lis è stata registrata nel primo album di Djavan, nel 1976. Djavan aveva partecipato al “Festival Abertura”, a Sao Paulo con la musica “Fato consumado” con cui ha vinto il secondo posto. Grazie a questa esibizione, ha ricevuto l’invito a registrare un album con le sue canzoni e “Flor di Lis” è la prima musica del lato A del disco. Fu il primo successo di Djavan.

Djavan Caetano Viana è nato nella regione dell’Alagoas, nella città di Maceio, il 27 gennaio 1949 in una famiglia povera, da padre olandese e madre afrobrasiliana nera. Era una mescolanza tipica del Brasile, dove l’idea di razza si fonde nel popolo mulatto, cafuso e mameluco. (In portoghese il mulato è l’incrocio tra un bianco e un nero; cafuso è l’incrocio tra un bianco e un indigeno; mameluco è l’incrocio tra un nero e un indigeno).

Dopo avere imparato a suonare la chitarra da autodidatta, formò a 18 anni il gruppo musicale LSD (Luce, Suono e Dimensione) ancora nell’Alagoas. A 24 anni decise di trasferirsi a Rio de Janeiro per seguire la carriera musicale. A Rio de Janeiro le sue composizioni cominciarono a essere conosciute. Nana Caymmi registra “Dupla traição”, Maria Bethânia registra “Álibi”, Roberto Carlos registra “A ilha”, Gal Costa registra “Açaí” e “Faltando um pedaço” e Caetano Veloso registra la musica Sina cambiando il verbo “caetaneare” per il verbo “djavaneare”. Negli anni ‘80 Djavan inizia la sua carriera internazionale e viaggia a Los Angeles per registrare il suo album “Luz” (1982). Il brano “Samurai” vanta la partecipazione di Steve Wonder che suona l’armonica a bocca. Nel 2015 ha ricevuto un Latin Grammy Award onorario per tutta la sua opera.

In Italia, Loredana Bertè e Fiorella Mannoia hanno registrato brani di Djavan. Loredana Bertè registrò i brani “Jazz”, dall'album del 1983 (titolo originale Sina) e “Petala”, dall’album “Savoir faire” del 1984. Nel 1985, Loredana registrò l’album “Carioca” solo con canzoni di Djavan. I testi in italiano sono di Enrico Ruggeri e Bruno Lauzi. “Banda Clandestina”, “Topazio”, “Seduzir”, “Samurai” e “Acqua” sono alcuni brani di questo bellissimo album che ha però un nome sbagliato: si sarebbe dovuto chiamare “Alagoano” al posto di “Carioca”: Carioca è chi è nato a Rio de Janeiro e Alagoano è chi è nato nell’Alagoas, regione dove è nato Djavan.

 Testo scritto da Marcelo Sola e Barbarella Happi

 


giovedì 9 dicembre 2021

Chega de Saudades


 Chega de Saudades

(Tom Jobim e Vinicius de Moraes)

 

Vai minha tristeza

E diz a ela que sem ela não pode ser

Diz-lhe numa prece

Que ela regresse

Por que eu não posso mais sofrer

Chega de saudade

A realidade é que sem ela não há paz

Não há beleza é só tristeza e a melancolia

Que não sai de mim

Não sai de mim, não sai.

 

Mas se ela voltar que coisa linda, que coisa louca

Pois há menos peixinhos a nadar no mar

Do que os beijinhos que eu darei na sua boca

Dentro dos meus braços os abraços

Hão de ser milhões de abraços apertado assim

Colado assim, calado assim

Abraços e beijinhos

E carinhos sem ter fim

Que é pra acabar com esse negócio

De você viver sem mim

 

 

Chega de Saudade

(Giorgio Calabrese)

 

Va da lui, tristezza

E tieni a mente che

Vorrei soltanto da te

Che mi comprendesse e decidesse

Di ritornare qui da me

Stare separati

Ha dimostrato

Che da soli non c'è pace

Né bellezza ma

Tristezza, malinconia

Che non passano

Non terminano mai.

 

Va da lui, tristezza

Sospirando che sei stata

Sempre con me

Che monotonia

La compagnia che ci siam fatte io e te

Stare separati m'è bastato

Ed è tempo di riprendere una vita

Che decisamente non sia

Una lunga fila di inutilità.

 

Che monotonia

La compagnia che ci siam fatte io e te

Stare separati m'è bastato

Ed è tempo di riprendere una vita

Che decisamente non sia

Una lunga fila di inutilità.

 

 

No more Blues

(Jon Hendricks)

 

I'm going back home

I promise no more to roam

Home is where the heart is

The fun and parties

My heart's been right there all along

No more fears

And no more sighs

No more tears

I've said my last good-byes

If trouble beckons me I swear I'm going to refuse

I'm going to settle down

There'll be no more blues.

 

Everyday when I am far away

My thoughts turn homeward, forever homeward

I've travelled round this world in search of happiness

But all the happiness I found was in my hometown

I'm going back home

I'm through with all my wanderings

Now I'll settle down and never roam

Find a man and make a home

When we settle down

There'll be no more blues

Nothing but happiness

When we settle down

There'll be no more blues

 

 

Toquinho e Vinicius de Moraes, nel 1974 registrano un album chiamato semplicemente “Vinicius e Toquinho”. In questo album, uno dei brani era “Carta ao Tom 74” i cui primi versi erano:

 

Rua Nascimento Silva, cento e sete

Você ensinando pra Elizete

As canções de canção do amor demais

 

Nel 1958 Tom Jobim viveva in un appartamento il cui indirizzo era indicato nel primo verso della canzone e insegnava alla cantante Elizete Cardoso le canzoni dell’album “Canção do amor demais”. In questo album il primo pezzo era “Chega de Saudades”, composta da Vinicius de Moraes e Tom Jobim, come tutti gli altri brani dell’album. In questo suonava la chitarra un giovane ragazzo chiamato “João Gilberto”. Era la sua prima registrazione in studio ed era la prima volta che lavoravano insieme i tre più importante artisti della “Bossa Nova”. Questo album è di solito considerato il primo in assoluto della “Bossa Nova” e “Chega de Saudades” è accreditata come la sua musica simbolo.


Vinicius de Moraes e Tom Jobim avevano già collaborato nel 1956 nell’opera “Orfeu da Conceiçao”. La casa discografica “A Festa”, del giornalista Irineu Garcia, era specializzata nelle pubblicazioni di poesie recitate da importanti attori e artisti dal tempo. Irineu Garcia lavorava insieme a Vinicius nell’organo di diplomazia del Ministero dell’Estero brasiliano: “Itamarati”. Irineu già aveva voglia di fare un disco di poesia di Vinicius e così venne l’idea di lavorare su questa poesia musicata da Tom Jobim. Tutto ciò è facilmente comprensibile già guardando la copertina dell’album su cui è scritto: Poesia “Vinicius de Moraes” e musica “Tom Jobim”. Irineu voleva invitare Dolores Duran per cantare questo brano, ma Vinicius insistette per avere la famosa Elisete Cardoso, che in quello stesso anno stava registrando anche la colonna sonora del film “Orfeu Negro” che nell’anno successivo, nel 1959, vinse la Palma d’oro al Festival di Cannes e portando la musica di Tom Jobim e Vinicius in Europa.


João Gilberto registra nel 1959 il suo primo album: “Chega de Saudades”. La prima e più importante musica, che dà il nome all’album, è interpretata con un ritmo molto cadenzato. Questo album vende in un anno centomila copie e per questo, la rivista “Manchete” pubblica una reportage speciale su João Gilberto. Nella copertina appare l’immagine di João e il titolo: “Samba Bossa Nova”. Era la prima volta che si usava il termine “Bossa Nova”.

Insieme alla “Bossa Nova”, il brano “Chega de Saudades” è uno strepitoso successo e negli anni 60 sarà una delle musiche più suonata tra i musicisti jazz. È stata registrata da diversi cantanti brasiliani e alcuni stranieri come Stan Getz, Quincy Jones e Dizzy Gillespie. In inglese la canzone si chiama “No more blues” e il suo testo è stato scritto da John Hendricks. In Italia, Mina la registra nel suo album “Stessa spiaggia, stesso mare” nel 1963 con testo in italiano di Giorgio Calabrese che, purtroppo, non contiene la parte B della canzone, quella con l’armonia più complessa e interessante. Forse perché in Italia abbia “più pesciolino a nuotare nel mare che i bacini che io darò nella tua bocca”.

 

Testo scritto da Marcelo Solla e Barbarella Happi

martedì 23 novembre 2021

O Leãozinho


 

O Leãozinho

(Caetano Veloso)

 

Gosto muito de te ver, leãozinho

Caminhando sob o sol

Gosto muito de você, leãozinho

Para desentristecer, leãozinho

O meu coração tão só

Basta eu encontrar você no caminho

 

Um filhote de leão, raio da manhã

Arrastando o meu olhar como um ímã

O meu coração é o sol, pai de toda cor

Quando ele lhe doura a pele ao léu

 

Gosto de te ver ao sol, leãozinho

De ter ver entrar no mar

Tua pele, tua luz, tua juba

Gosto de ficar ao sol, leãozinho

De molhar minha juba

De estar perto de você e entrar numa

 

Leoncino

(Mauro Faccioli)

 

Ma che bello incontrarti, leoncino

camminando sotto il sol

è proprio bello incontrarti, leoncino

Per rallegrare insieme a te, leoncino

questo cuore tanto sol

Mi basta d'incontrarti sul mio cammino

 

Un cucciolo di leon, raggio del mattino

cattura il mio sguardo come un magnete

Il mio cuore è come il sole, padre dei colori

che scalda l'aria e disegna nuvolette

 

Mi piace vederti al sole, leoncino

ruggire tra le onde del mar

La tua pelle, la tua luce, la tua chioma

Mi piace star con te al sole, leoncino,

giocare con la tua criniera

camminare insieme a te verso la sera



 

Pochi posti al mondo possono essere fonte di ispirazione come il quartiere di Ipanema, a Rio de Janeiro. Forse non lo sai, ma la Ragazza di Ipanema, per esempio, esiste davvero. Helô Pinheiro aveva 17 anni e quell’inverno del 1962 abitava in Via Montenegro, quando, camminando verso il mare, passò nella Via Prudente de Moraes, dove c’era il bar Veloso. Seduti a uno dei tavoli del Veloso, c’erano il poeta Vinícius de Moraes e il musicista Antonio Carlos Jobim quando quella “musa dal corpo dorato” sfilò davanti a loro. Secondo la leggenda, proprio lì a Veloso, innaffiati da una decina di bicchieri di Whisky, Tom e Vinicius hanno dato vita alla canzone che per i brasiliani vale più del loro inno nazionale.  

Negli anni successivi, il quartiere divenne il luogo preferito dagli intellettuali, artisti, poeti, musicisti e scrittori. Ipanena sta a Rio de Janeiro come il Greenwich Village sta a New York. Tuttavia, mentre Greenwich Village era pieno di club seminterrati bui che echeggiano di malinconici sassofoni e poesie beat recitate sui marciapiedi pieni di neve, Ipanema contagiava, invece, con la gioia degli accordi di Bossa Nova sui marciapiedi dei bar. Questo, ovviamente, accadeva durante la notte, perché durante il giorno, lasciare la spiaggia prima del tramonto era praticamente un atto criminale.

Negli anni ‘70 era comune trovare sulla spiaggia intorno alle dune, una folla di giovani capelloni. Seduta al centro di quegli hippy c’era la cantante Gal Costa. Lì, proprio nella sabbia, Gal cantava successi della musica brasiliana (o meglio, futuri successi). E fu in quel luogo soprannominato A Duna da Gal, che uno dei suoi frequentatori, Caetano Veloso, ha creato uno di questo successi della musica brasiliana. “O Leãozinho” – che ora guadagna anche la versione in italiano, “Leoncino”, adattata da Mauro Faccioli.

Così come la Ragazza di Ipanema, esiste anche il Leãozinho. Dadi Carvalho è nato il 16 Agosto 1952 (cioè, sotto il segno del Leone) e a quel tempo era già considerato uno dei più grandi bassisti del Brasile. Quando “O Leãozinho” è uscito nell’album “Bicho”, di Caetano, nel 1977, Dadi suonava con il gruppo A Cor do Som e aveva già registrato la traccia “Scarlet” con Mick Jagger, il cantante dei Rolling Stones.

Quando vide quel ragazzo che possedeva un aspetto androgino: corpo snello, una chioma che sembrava più la criniera di un leone e che camminava sulla Duna da Gal sotto il sole di Ipanema, Caetano tirò fuori la sua chitarra e, prima del tramonto, creò la musica O Leãozinho.

È vero che Caetano e Dadi si erano già conosciuti anni prima, quando Dadi abitava nell’appartamento del suo antico gruppo, Os Novos Baianos. Però, quando abitava nell’appartamento nel quartiere di Botafogo, Caetano non aveva avuto nessuna ispirazione. Tale ispirazione poteva solamente accadere a Ipanema. Alla fine dei conti, il mare in cui all’io lirico piace vedere entrare il Leãozinho è lo stesso mare verso cui cammina Helô Pinheiro, allo stesso modo in cui il sole indora la sua pelle è lo stesso sole che ha dorato il corpo di Helô nell’inverno del 1962.

Forse anche per questo pochi luoghi al mondo sono così fonte di ispirazione. Sia per il Veloso della Ragazza di Ipanema sia per il Ragazzo di Ipanema del Veloso, quando si cammina in quel quartiere, anche il cuore più solo disrattristarsi. Come avevano già detto Tom e Vinícus, dev’essere proprio per colpa dell’amore.


Testo di João Alexandre

Traduzioni di Josi Solla e Barbarella Happi

 



venerdì 3 settembre 2021

Pelo Telefone

 

(Luciana Worms - Pelo Telefone)


Pelo Telefone

(Donga – Mauro de Almeida)

 

O chefe da folia pelo telefone mandou avisar

Que com alegria não se questione para se dançar

 

O chefe da polícia pelo telefone mandou avisar

Que na Carioca tem uma roleta para se jogar

 

Ai, ai, ai,

Deixa as mágoas para trás ó rapaz

Ai, ai, ai,

Fica triste se és capaz, e verás.

Ai, ai, ai,

Deixa as mágoas para trás ó rapaz

Ai, ai, ai,

Fica triste se és capaz, e verás.

 

Tomara que tu apanhes

Nao tornes a fazer isso

Tirar os amores dos outros

pra depois fazer feitiço.

 

 

Olha a rolinha, sinhô, sinhô

Se embaraçou, sinhô, sinhô

É que a avezinha, sinhô, sinhô

Nunca casou, sinhô, sinhô

Porque este samba, sinhô, sinhô

É pra arrepiar, sinhô, sinhô

Põe perna bamba, sinhô, sinhô

Mas faz gozar, sinhô, sinhô

 

O "Peru" me disse

Que o "Morcego" disse

Não fazer tolice,

Pra que eu saísse

Dessa esquisitice

Do disse me disse.

 

Ah! ah! ah!

Olha o canto ideal, triunfal

Ai, ai, ai

Viva o nosso carnaval sem rival

 

Se quem tira o amor dos outros

Por deus fosse castigado

O mundo estava vazio

E o inferno habitado

 

Queres ou não, Sinhô, Sinhô,

Vir pro cordão, Sinhô, Sinhô

Ser folião, Sinhô, Sinhô

De coração, Sinhô, Sinhô

Porque este samba, Sinhô, Sinhô

É de arrepiar, Sinhô, Sinhô

Põe a perna bamba, Sinhô, Sinhô

Mas faz gozar, Sinhô, Sinhô

 


Pelo Telephone (Traduzione)

 

Il capo della baldoria al telefono ha fatto sapere

Che con gioia non si discute per ballare

 

Il capo della polizia al telefono ha fatto sapere

Che a Carioca (una piazza) c'è una roulette da giocare

 

Lascia le cicatrici del passato alle spalle o ragazzo

Sii triste se puoi e vedrai.

 

Spero che tu sia preso a sberle

Non fare questo di nuovo

Portare via gli amori agli altri

per poi fare una macumba.

 

Guarda la colombina, sinhô, sinhô

Se è imbarazzata, sinhô, sinhô

Quella è l'uccellina, sinhô, sinhô

Non si è mai sposata, sinhô, sinhô

Perché questo samba, sinhô, sinhô

Lascia la pelle d’oca, sinhô, sinhô

Fa tremare le gambe, sinhô, sinhô

Ma fa divertire, sinhô, sinhô

 

Il “Tacchino” mi ha detto

Che il "Pipistrello" ha detto

Non fare sciocchezze,

Perché io lasciassi

Questa stranezza

Di spettegolare (dice mi dice).

 

Ah! ah! ah!

Guarda il canto perfetto, trionfante

Ai, ai, ai

Viva il nostro impareggiabile carnevale

 

Se colui che ruba l'amore degli altri

Fosse punito da Dio

Il mondo sarebbe vuoto

E l'inferno affollato

 

Lo vuoi o no, Sinhô, Sinhô,

Venire nel corteo, Sinhô, Sinhô

Essere un festaiolo, Sinhô, Sinhô

Di cuore, Minho, Minho

Perché questo samba, sinhô, sinhô

Lascia la pelle d’oca, sinhô, sinhô

Fa tremare le gambe, sinhô, sinhô

Mi fa divertire, sinhô, sinhô

 


All'inizio del XX secolo, tra la Central do Brasil (N.d.T. principale stazione ferroviaria di Rio de Janeiro) e il Trevo dos Pracinhas, c'era la Città Nuova, così chiamata perché era la regione cresciuta per ospitare coloro che erano costretti a cedere il posto alla Corte portoghese arrivata a Rio de Janeiro nel 1808 (N.d.T. Dom João, re del Portogallo nel 1808 trasferì la capitale del regno unito di Portogallo, Algarve e Brasile a Rio de Janeiro a causa dell’invasione di Napoleone). In questo posto, più precisamente in quella che divenne nota come la Piccola Africa, nella Piazza XI, visse, dal 1899 fino alla sua morte nel 1924, Hilária Batista de Almeida, la più famosa delle Zie della Bahia. La Tia Ciata (Zia Ciata) lasciò Bahia nella cosiddetta diaspora bahiana, a causa della persecuzione dei culti africani.

Coltivare tradizioni afro-discendenti nella capitale del paese (Rio de Janeiro) portava addirittura al carcere. Tia Ciata dopo aver avuto molte feste soppresse, ottenne, invece, un permesso speciale. Tutto perché Tia Ciata, una figlia di Oxum, guarì da una ferita nientemeno che il presidente della Repubblica Venceslau Brás, che governò il Brasile dal 1914 al 1918. Per questo motivo, il Terreiro de Candonblè e le feste con il circolo di samba non solo erano consentite ma anche protette. Il presidente inviava due soldati per assicurarsi che durante le riunioni non accadesse nulla di male. Inoltre, João Batista, il marito di Tia Ciata, è stato promosso dalla stampa nazionale, dove lui lavorava, all’ufficio del capo della polizia dal presidente in persona. Coincidenza o no, è stato proprio a casa di Tia Ciata che il “capo della polizia” è stato onorato a Pelo Telephone.

Ernesto dos Santos, Donga, a quanto pare, ha registrato la composizione collettiva come sua proprietà. Lo spartito della canzone, partitura per pianoforte, forse scritto da Pixinguinha, il partner di Donga nel gruppo Oito Batutas, è stato registrato presso la Biblioteca Nazionale il 27 novembre 1916. Insieme allo spartito, Donga ha allegato una dichiarazione che diceva che "Pelo Telephone" era stato presentato per la prima volta in uno spettacolo il 25 ottobre 1916 al Cine-Teatro Vecchio. Non si poteva dichiarare che il debutto della canzone fosse avvenuto in un “Terreiro de Candomblè”.

Dopo la registrazione, Donga ha portato la musica a Fred Figner, un uomo d'affari ebreo europeo proprietario di Casa Edison, un negozio che dal 1902 vendeva grammofoni, macchine da scrivere e altri gadget high-tech. Figner produceva e vendeva anche dischi di 78 giri con registrazioni proprie. Disponeva di un catalogo di centinaia di canzoni popolari. A quel tempo, il copyright per la riproduzione fonografica non era regolamentato. Ma Figner amava acquistare le composizioni per registrarle, lo faceva da quando era arrivato in Brasile, proveniente dagli USA, nel 1896. Comprò le canzoni per un importo fisso - circa 10mila réis (moneta brasiliana dal tempo N.d.T..) ciascuna - in cambio del possesso eterno della composizione.

Manuel Pedro dos Santos, Bahiano (1870-1944) ha registrato "Pelo Telephone", su un disco di 78 giri, per l'etichetta Odeon. Il disco fu realizzato nel dicembre 1916 nello "studio" di Casa Edison, un capannone costruito in zinco sul retro del negozio. Il primo interprete di “Pelo Telephone” era il cantante più popolare del tempo in Brasile ed era accompagnato da una chitarra classica (violao), cavaquinho, clarinetto e coro, formato da voci acute, che si univano al ritornello ripetendo: "Sinhô, sinhá" (ora "Sinhô, sinhô", ora "sinhá, sinhá", ora tutto mescolato).

Oltre alla polemica sulla paternità della canzone, poiché a quanto pare al circolo di samba hanno dato piccoli contributi: Pixinguinha, João da Baiana, Caninha, Sinhô, Hilário Jovino, Mauro de Almeida e persino Tia Ciata, anche la composizione del testo è controversa su quale sia la prima versione. C'è chi sostiene, infatti, che i testi siano solo di Mauro de Almeida, compositore e giornalista, a cui Donga ha dato la co-autorialità; altri, invece, affermano che è stato Didi da Gracinda a portare il primo verso a Donga. E qual è il primo verso: "Il capo della polizia" oppure "Il capo della baldoria", che è stata registrata da Bahiano nel primo disco?

Il ricercatore Flávio Silva, negli anni '70, ha trovato sui giornali dell'epoca della registrazione di Donga le considerazioni di Mauro de Almeida sulla sua partecipazione alla composizione. In uno degli articoli afferma di non essere l'autore, ma colui che ha aggiustato. “Alcune di quelle strofe sono state in giro nel canto popolare, le ho arrangiate in modo che potessero essere cantate con la musica che mi è stata offerta. ". Nel suo trafiletto del 24/01/1917, rispondendo ad un altro cronista che lo aveva citato come autore dei testi, commentò: “Devo dirti, mio ​​caro Arlecchino, come protesta a beneficio della verità, che i versi del samba del carnevale “Pelo Telephone” non sono originali, o meglio, lo sono, ma non sono miei. Li ho presi dai tesori popolari…”. Per questo motivo, Tinhorão ha affermato che “Pelo Telephone” è una "vera trapunta patchwork, con sfumature di percussioni, ritornelli di folklore della Bahia e maxixe (ritmo antico che ha dato origine al samba N.d.T.) di Rio de Janeiro".

C'è una versione che dice che la strofa che inizia con "Il capo della polizia" si riferisce al "movimento intenso" di combattimento del gioco d’azzardo sviluppato dal capo Dr. Aurelino Leal. Il documento che illustra questa versione è stato pubblicato sul giornale ‘A Noite’ - quotidiano circolato a Rio de Janeiro tra il 1911 e il 1957 - che esponeva le richieste del capo della polizia, rivolte al commissario distrettuale della regione del viale Rio Branco, di repressive misure contro il gioco d’azzardo nei “club chic”. Il documento diffuso, però, aveva una curiosa raccomandazione: "Prima però io / il commissario / funzionario, gli comunico la mia raccomandazione tramite il telefono ufficiale". Ovvero: prima del controllo, avvisa gli interessati di nascondere il materiale che denuncia la pratica del gioco d'azzardo.

Se questa lettera è la prima versione, si può pensare che la sostituzione della prima strofa con quella che inizia con "il capo della baldoria", nel registro di Bahiano, sia avvenuta in una sorta di censura, per non offendere “gli uomini di legge” e non causare ancora più problemi ai musicisti popolari. Tuttavia, Henrique Foréis Domingues, conosciuto come “Almirante” (l'ammiraglio) - ricercatore, cantante, compositore e, soprattutto, partner di Noel Rosa - ha difeso la tesi che i testi usciti dalle improvvisazioni a casa di Tia Ciata erano davvero "Il capo della baldoria" e che "il capo della polizia” era solo una parodia dei giornalisti.

È importante capire che molti giornalisti frequentavano l'ambiente musicale, come lo stesso Mauro de Almeida. Un altro di questi giornalisti, João Ferreira Gomes, conosciuto come “Jota Efegê” (J EffeGi), un cronista del carnevale, è stato colui che ha scoperto lo scherzo effettuato dai suoi colleghi. A quanto pare, la versione della parodia è stata data come riferimento a un episodio accaduto nel 1913, quando i giornalisti, ancora una volta del giornale “A Noite”, hanno messo una ruota della roulette nel “Largo da Carioca”, per dimostrare che il capo della polizia aveva chiuso un occhio al gioco d’azzardo. Prima che Jota Efegê scoprisse la data giusta per l'evento, tutti gli storici dissero che l'evento ebbe luogo alla fine del 1916. Resta da vedere se questo verso di “Pelo Telephone” non fosse fatto prima dell'uscita del samba. Se è così, la musa ispiratrice sarebbe un altro capo della polizia, il commissario Belisario Távora.

È già noto che “Pelo Telephone” non è il primo samba registrato. Prima di esso, nel catalogo dell'etichetta Odeon, tra il 1012 e il 1914, questa qualifica appariva già in altri dischi. Tuttavia, ciò non toglie nulla all'importanza inaugurale della composizione. Prima del 1916 i samba erano solo ritmi. Fu in “Pelo Telephone” che il samba ottenne i testi, molto cantati al carnevale del 1917.

All'inizio del XX secolo, il genere del samba era ancora indefinito, identificato con il maxixe, molto diverso da quello che abbiamo oggi. Ma ciò che rende “Pelo Telephone” un simbolo è il fatto che i suoi diritti sono garantiti a qualcuno. Il mito fondatore avviene attraverso la registrazione del fonogramma e della partitura nella Biblioteca Nazionale da parte di un noto autore, con testi, grande diffusione e successo.

Il solo fatto che un percussionista nero varchi le porte della sezione copyright del sontuoso edificio della Biblioteca Nazionale, territorio di musicisti eruditi e bianchi, lo rende già un eroe. Potresti dire "un eroe senza carattere" poiché ha ignorato il resto dei partecipanti della melodia. Ma è stato con questo atteggiamento che Donga ha aperto lo spazio ai compositori popolari per diventare professionisti. “Pelo Telephone” non è il primo samba registrato, ma è senza dubbio un punto di riferimento della musica popolare urbana in Brasile e, senza dubbio, è stato il primo samba che ha garantito soldi al sambista. 

In fondo, “Pelo Telephone” ha diversi genitori, ma la madre è una: Tia Ciata. La sua storia finisce con la disputa sull’origine del samba. Concepito nella casa di una nativa della Bahia e nato per le mani di cariocas, con la spinta di un gringo ebreo europeo dagli USA. È il volto del Brasile: tutto insieme e mescolato.

 

Testo di Luciana Worms

Traduzioni di Marcelo Sola e Barbarella Happy